SUFJAN STEVENS

seconda

Sufjan Stevens è un genio assoluto.
E' veramente intelligente, umile, presente, un bravissimo musicista, ha una voce fantastica, non se la tira, è abbastanza gnocco, e sembra pure una bella persona, nonché uno che dopo due ore di concerto incredibile, si sa infilare una parrucca ridicola in testa, una maschera da scimmia, dei pantaloni fosforescenti, e mentre riesce a suonare un pezzo di 25 minuti (un unico pezzo di 25 minuti, no, dico, vi rendete conto?) alla fine riesce a farti alzare, gridare, ballare: Oh boy we can do much more together. terzaE ti ci fa credere che proprio sia possibile.
E' stato il concerto in assoluto più bello dove sia mai andata e probabilmente anche una delle cose più belle che abbia mai fatto con Obi.

E poi è stata una giornata bellissima, prima a Bologna con Ziacris che mi ha dedicato la mattina e il tempo insieme è stato veramente un regalo prezioso, come se fosse normale vedersi e girellare insieme e parlare, come se non fosse eccezionale, perché siamo sempre vicine, davvero. Che bello. E poi a Ferrara nell'albergo che ci hanno regalato i nostri cognati, un angolo di cielo e di verde silenzioso e pieno di uccelletti. E poi con grande capo e signora, che sono riusciti a raggiungerci anche grazie alla generosità che nasce intorno a questo blog, e che non finirà mai di sorprendermi. E poi, l'ingresso al Teatro Comunale di  Ferrara che è bellissimo e, questo la ripeterò allo sfinimento, la conferma che sono stata veramente la prima a comprare i biglietti per questo concerto, perché avevamo i posti in assoluto migliori, i più centrali, i più belli, quelli dove davanti c'era solo Sufjan.prima
Che grande, che grande!
Ora siamo di ritorno sul treno per Roma, ma quando arrivo a casa, dopo che ci siamo spupazzati ben bene le nanine, aggiungerò le foto che ha fatto Obi, perché – ve l'ho già detto? – siccome sono stata la prima a comprare i biglietti per il concerto, avevamo i posti migliori di tutti e stavamo proprio vicino vicino.
E' stato un regalo fantastico che ci siamo fatti, questi due giorni insieme, veramente bello, davvero.
Ah, sapete, stavamo pure nell'articolo sul concerto che è uscito oggi sui giornali locali, cioè ci hanno fatto una foto, perché, sapete, eravamo proprio in prima fila, ieri, perché sono stata la prima a comprare i biglietti per Sufjan.
O ve l'ho già detto?
😀

bigllietti

Un matrimonio

Shh, tra poco si sposa grande capo e io sono molto emozionata per lui e per loro. Metterò in testa un bel cappello nero, un bel paio di occhialoni vamposi, infilerò le chiappe al cortisone in un mutandone contenitivo, infilerò un abitino appena appena elegante, riempirò una borsetta di mia sorella di chicchi di riso e mi  piazzerò un gran sorriso tra i denti e sul mio cuore.
I momenti belli della vita meritano di essere celebrati ed è un onore essere chiamati a farlo insieme a chi amiamo. Tanto più dopo l’ultimo post, ho la sensazione concreta, palpabile, di quanto è importante essere felici di ogni occasione che ci viene regalata.
E sono contenta di avere una proprio adesso, perché ce n’era un gran bisogno.
E adesso, come dicevo altrove, via a prepararmi e a depilare quello che ancora non mi è caduto di dosso!

L'erba voglio

Oggi le analisi del sangue mi hanno rimandato. Per la prima volta, domani non potrò fare il taxolo, ma dovrò mettermi in stand by per una settimana. Durante questi 2 mesi e mezzo di chemio non mi era ancora mai capitato, ovvio che dovesse presentarsi a due infusioni dalla fine. Lo prevedevo, per cui non sono né avvilita, né incazzata. Approfitto di questa settimana per riposare un po’, tutto qua.
Ma come scrivevo a una amica, mi è venuta voglia di non rimandare altre cose. Di volere volere volere volere tutto quello che desidero. Senza metterlo da parte come sempre per gli impegni di lavoro, di malattia, di organizzazione, di soldi.
E’ ovvio che uno deve fare i conti con tutto questo, sia in malattia che no. Ma ho pensato di poter fare qui una lista di quello che voglio. Una lista schifosamente egoista e impossibile. Così, almeno per sfogarmi un po’.
Ho deciso di chiamarla lista dell’Erba voglio. Se volete partecipare, l’unica regola è scrivere le 10 cose che vogliamo vogliamo vogliamo, senza riguardo per nessun impedimento di nessuna natura. Ovviamente mi farebbe molto felice leggere le vostre!

Intanto ecco le mie:

1) Voglio andare a New York, mollare le nane alle nonne almeno per una settimana e andare con Obi a New York. Adesso, prima dei prossimi controlli.

2) Voglio andare a trovare animabella e farci un sacco di cantate insieme.

3) Voglio fare una grande festa in giardino da me con tutti gli amici di Nina e Lilla, anche se non è il loro compleanno, nel primo pomeriggio di sole caldo che arriverà, sapendo in partenza che non mi stancherò e che sarà divertente.

4) Voglio prenotare una domenica a pranzo un ristorante che amo, in un posto che adoro, gestito da un amico carissimo, e portarci lepi, lamar, sky, bregrande capo, lulli, animabella e tutte le loro famigliole.

5) Voglio pesare 7 kg di meno. Già da ora.

6) Voglio andare a Copenhagen e passeggiare con Obi, Giuliano e Nini in centro la notte del 5 maggio, pasteggiando a fragole, vino bianco frizzante e gamberetti prima con la mia famiglia danese.

7) Voglio andare a un concerto di Sufjan Stevens.

8) Voglio imparare a suonare uno strumento musicale. Preferibilmente il flauto.

9) Voglio imparare una lingua straniera. Preferibilmente l’arabo, o l’hindi o il cinese.

10) Voglio andare su una  montagna molto alta, la più alta che riesco a raggiungere con i miei mezzi.

Ecco. Buona parte di queste cose sono impossibili. Altre me le sono scordate al momento. Ma alcune potrei anche farcela, non si sa mai.
E voi?

Doppietta

Nella settimana appena passata mi sono probabilmente successe più cose che in tutti gli ultimi due mesi.
Nell’ordine:
ho raggiunto il massimo picco di dolore fino ad oggi, con coseguente peggiore umiliazione frignona pubblica;
ho dato le dimissioni dal posto di lavoro più adorabile del mondo;
abbiamo perso e ritrovato (pfiuu) la piccola grigia che ha ottenuto finalmente il trono in casa e ora non la molliamo più;
ho frequentato con allegria per metà della settimana il collocamento obbligatorio pensando ancora una volta, che in mezzo a quella massa di persone con disabilità serie, io sono davvera una fortunata;
con Obi abbiamo deciso di cambiare città e trasferirci, che ‘sta città per il momento mi ha rotto le palle;
ho firmato una lettera di assunzione per un posto di lavoro tanto prestigioso quanto tristissimo;
mi sono strafatta di shopping in un’unica sessione provinciale, spendendo – anticipatamente – tutta la liquidazione;
nella sessione di shopping selvaggio ho deciso di dare un’altra chance alla apple e mi sono accattata un ipod che pesa quasi quanto me; 
infine, sono anche riuscita ad andare a cena con Lepi che è sempre un evento perché non ci riusciamo mai e sono anche riuscita a farle incontrare grande capo che ci tenevo…
Ecco.
Per questo sono anche stata poco qui.
In compenso da domani comincia una settimana che sarà forse meno fitta di impegni, ma ugualmente impegnativa.
Intanto si comincia con una bella doppietta: domani primo giorno del nuovo  lavoro e poi giovedi una bella TAC.
Mi sa che vado a farmi un caffè, ne avrò bisogno!

Addii

A conclusione di questa simpatica settimana, da oggi sono ufficialmente, definitivamente e soffertamente uscita dal magico mondo di za.
Vorrei saper parlare di questa cosa in modo più ironico, ma proprio non mi viene.
Per prepararmi a questa giornata sono almeno 3 mattine che tento sessioni selvagge di shopping terapeutico. Ma ogni volta torno a casa con le sporte vuote e il cuore gonfio.
Vorrei immaginare che quello che comincerà la prossima settimana sarà un periodo lavorativo altrettanto felice, folle e divertente, ma anche questo proprio non mi riesce.
Vorrei pensare che le mio priorità sono ben altre che il lavoro. Ma finché sono stata dentro za non è stato così e sarà dura cambiare carattere adesso, anche se dovrò farlo.

A za ci lascio le cose più belle che ho fatto, e le persone migliori che ho conosciuto negli ultimi anni. E mi mancherà per sempre.
Come minimo, però, una delle settimane peggiori dell’anno già me la sono quasi lasciata alle spalle. E considerato che siamo solo al 15 gennaio, possiamo dire che mi sono portata avanti con il lavoro…
Adesso però vediamo di migliorare, che ne dite?
Per il momento lasciamoci così.

Buon Anno

Sono giorni difficilissimi, gli ultimi giorni di un anno bello. Lo scorso anno al brindisi di capodanno, dentro di me ero talmente amareggiata che pensavo "a cosa brindiamo? d’ora in poi i miei anni potranno solo peggiorare".
In questi giorni, sembra sia andata proprio così, perché sto tanto male. Mi fa tanto male tutto e quando si tratta di dolore, lo affronto come la più pecora del gregge, belando lamenti e trascinandomi deproide, dimenticando tutti i giorni buoni per credere stupidamente che siano stati tutti e 365 dei giorni di merda come questi. 
Ma questo anno che è passato è stato un buon anno. Mi ci faceva pensare cinzia, solo che io ho pensato che soprattutto è l’anno di chiusura del decennio più importante della mia vita, quello in cui mi sono innamorata per la vita, mi sono laureata e masterizzata, ho cambiato 5 lavori trovando infine quello che avevo sempre desiderato, ho smesso di fumare, ci siamo sposati, abbiamo fatto 3 traslochi, abbiamo avuto due bimbe meravigliose e ho cominciato a curarmi e ho aperto questo posto.
Ma in questi giorni finali sembro dovermi piegare a guardare più da vicino tutto.
E allora, chi mi sta vicino è la cosa più importante. Come chi viene da lontano anche solo per passare il Natale insieme. Chi mi chiama perché magari non ho risposto a un messaggio e si preoccupa, e vuole sapere come sto. Chi vuole sapere come è andata in ospedale e come sta Obi. Chi mi sta vicino come solo mio marito, le mie nane morbide, ma anche mia madre e mia sorella, a modo loro. Chi passa per questo posto e mi lascia un segno o anche no, ma è passato e ha dato attenzione a un pezzetto di questa mia vita. Chi mi conosce poco, ma ogni tanto mi manda un messaggio perché mi pensa.
Ecco.
Per il resto non ho energie, per gli altri, quelli che non sanno come starti vicino e tu provi a chiamarli sempre tu, ma poi ti rompi le palle, quelli che ti chiedono come puoi organizzarti per andarli a trovare quando tu sei immobilizzata a casa, quelli che ti chiamano solo ogni 3 mesi per sapere come è andato il controllo, così si tranquillizzano e tornano a farsi i cazzi loro. No. Per queste persone non ho più tempo, non ho più energia.
Per cui dichiaro ufficialmente che il 2010 sarà un anno concentrato: dedicato agli amori importanti, alle persone trasparenti, agli amici sinceri, ai libri divertenti, belli e coinvolgenti, a un lavoro forse nuovo, ma sempre a modo mio, a chi mi dedica attenzione come tutti quelli che passano di qui, alla mia famiglia, a chi ha bisogno di me.
Basta perdere tempo.
E a tutti voi auguro la stessa cosa, di saper vivere il vostro tempo nel prossimo anno nel modo migliore che conoscete, facendo meno compromessi, lasciando andare le cose e le persone superflue, lasciando andare le arrabbiature in macchina. Che stiate già là nascosti a fare buoni propositi, anche se magari oggi vi sembrano irrealizzabili. Che passiate molto tempo con chi amate e molto poco con chi dovete.
E vi auguro di trovare tempo perché 
ogni tanto vi invada la calma e sappiate guardare avanti, lontano, con una risata nelle tasche, che è quello che più auguro anche a me stessa. 
Buon anno a tutti!

Diagnosi

Giusto per alzare il tiro dell’allegria di questo blog, ora vi racconto come ho scoperto il mio simpatico cancro duttale infiltrante metastatico g3.
Ero tornata dalle ferie più brutte della mia vita, giurando e spergiurando non mi sarei mai più messa in condizione di passare le uniche settimane di ferie da mia suocera, proprio l’estate che la mia “perfetta cognata” si era messa a dieta e io invece ero nella peggiore forma fisica di sempre ed era un continuo confronto in spiaggia.
Mai più.
Felice di tornare in ufficio, a riprova del fatto che era proprio stata un’estate di merda, sento un dolore strano al seno destro. Un dolore che mi allarma immediatamente. Perché anche se ho smesso di allattare da meno di 6 mesi, non si tratta di un fastidio di assestamento post allattamento, questo è un fastidio diverso. A riprova che mi allarmo, ci sono le testimonianze di tutte le mie amiche e colleghe a cui chiedo un indirizzo di un medico per farmi visitare e ne parlo pure a grande capo, tanto sono preoccupata.
Poi è il triste 11 settembre 2007, e ci succedono un sacco di casini, tutto passa in secondo piano. Riesco a farmi visitare solo il 2 ottobre. Sono sicura della data perché il ginecologo era di studio vicino a una statua di Gandhi e cercando parcheggio vidi delle magiche donne in sari che vi posavano ghirlande di fiori.
La visita fu tutta dedicata al mio seno. Il medico disse che non c’era assolutamente niente di cui preoccuparsi, era tutto normale.
Altri casini, un sacco di viaggi all’estero per lavoro tra ottobre e novembre.
A metà novembre il seno destro si colora di uno strano eritema rossastro intorno al capezzolo.
Voglio farmi rivedere.
Non torno da quel primo medico, non mi fido. E pure con tutte le remore che ho a chiedere aiuto a Obi (che tra le altre 6 milioni di cose, lavora di fatto in un ospedale), chiedo a lui di farmi visitare dal ginecologo che ha fatto nascere Lilla.
Mi chiedono se è proprio urgente, se non può aspettare. Mi impunto (io non mi impunto mai per me stessa) e riesco a farmi visitare di sabato. Il ginecologo mi dice che è solo un problema dermatologico, mi segna una crema che non comprerò mai. E mi dice, “Guarda non è proprio niente, ma se proprio sei in ansia, semmai scendi un attimo e ti facciamo un’ecografia al volo”.
Io scendo.
Aspetto quieta quieta, sentendomi come sempre in colpa di richiedere attenzioni per me stessa, ma non voglio trascurare niente.
L’ecografista di turno è una stronza bionda sottopeso che comincia a gridarmi in faccia “io non faccio passare i raccomandati”. Mortificata me ne vado. Obi si infuria, ma io mi sento troppo umiliata e giuro a me stessa che non sono convinta, che farò l’eco aprivatamente appena finisce il festival.
Si, perché in tutto questo stiamo facendo l’edizione più faticosa e sfigata del nostro festival più importante. Quello che doveva fare Lulli e che non può fare perché è lontano dietro a una vera tragedia personale che non farà altro che peggiorare.
Durante il festival il seno comincia a sanguinare, me ne accorgo dalle macchie sui vestiti. Io che non mi guardo mai.
Come finisce il festival vado a fare un’eco privatamente.
Sono passati altri 15 giorni ed è il 5 dicembre 2007. Avevo passato la mattina a litigare con Obi su come poter aiutare Lulli, avevo portato Lilla a fare un vaccino, piangendo sommessamente dallo stress e dalla fatica accumulata.
L’ecografista è libanese e molto gentile, scambiamo qualche parola, poi lui comincia l’eco e subito mi dice che vede qualcosa di preoccupante e che devo ricoverarmi al più presto.
Può sembrare paradossale, ma da quel momento mi rassereno. E da lì comincia tutto il turbinio degli esami che confermano e peggiorano la diagnosi.
Ma io sono tranquilla.
Comincio la chemio il 22 dicembre, e dopo il trattamento il Mr. Clint mi invita al pranzo natalizio per medici e infermieri. Pranziamo insieme, mi faccio un bicchiere di vino, ridono tutti al dh, sono tutte brave persone, la mia nuova famiglia.
Niente mi spaventa, ed essere pronti è tutto.
Non ce l’ho con nessuno per il ritardo sulla diagnosi. Giusto con quella stronza bionda ecografista che da allora evito come la peste. Ma se qualcuno mi dice che mi sono beccata le metastasi ai polmoni perché ho trascurato il problema, lo prendo a testate. Molto semplicemente.

Gli amici

Quando scopri che hai il cancro devi dirlo alle persone. Un po’ come quando decidi di sposarti o sei incinta. Solo che quando devi dire che hai il cancro è proprio tosta dirlo a chi ti vuole bene. Mia sorella ad esempio non l’avevo mai sentita piangere prima. Neanche più dopo, in effetti.
La mia amica lepi da quel momento mi ha chiamato per ogni controllo e ogni chemio, e all’inizio sono stati entrambi piuttosto frequenti, anche quando sapeva che non avrei risposto perché versavo in condizioni pietose. Lei ha sempre chiamato o mandato un messaggio. Lei semplicemente, ottusamente, senza clamore, senza enfasi, lei c’è sempre, tanto che ho imparato ad accettarlo, senza sensi di colpa perché non sempre so meritarla.
Con lamàr ci sentiamo poco, ma è da lui che mi sono fatta dire le prime parole di speranza. Quando nei primissimi giorni dalla diagnosi mi ha detto – dando voce alla mia paura silenziosa, quella che aveva navigato di nascosto sul web per scoprire che avevo due anni di vita davanti – “oh, ma mica starai dando retta alle statistiche, eh? Quelle sono statistiche, sono numeri, non contano niente, eh?” me lo ha detto ridendo, con la sua leggerezza profonda. Me l’ha detto ridendo un giorno che ero andata a comprare i lampadari per la casa. Obi non lo sapeva, ma avevo deciso di mettere a posto tutto quello che potevo prima di morire e mi era venuto in mente che potevo cominciare dal togliere tutte quelle lampadine nude per la casa. E lamàr mi ha chiamato e mi ha detto ridendo, senza saperne niente, "mica ti starai a guardare le statistiche, eh?". Chiunque avrebbe potuto dirmi le stesse cose, ma dette da lui mi hanno tolto un macigno dall’anima. Neanche lo sa lui quanto gli sono grata, quanto spesso gli sono grata per avermele dette.
anima bella non la sentivo da troppo tempo, per motivi più che validi. Quando ho trovato il coraggio di dirglielo è stato come versare dell’acqua fuori da un secchiello sulla spiaggia per fare un castello. Siamo tornate vicine. E da un posto lontano, in un anno, lei ha preso l’aereo tre volte per venire da me. Ogni volta che ci penso, a me viene da piangere. Lei, che oltre che bella è pure scema, pensa che i miei siano omaggi formali, in qualche modo dovuti. Lei non lo sa che mi viene da piangere ogni volta che ci penso. Lei è anche l’unica persona che mi fa delle domande difficili su questa vicenda. Come se non ne avesse paura. E anche di questo le sono infinitamente grata. Nessuno vuole sentirti parlare di morire. Ma tu ci pensi un sacco da quando sai che hai il cancro. E nonostante quello che si possa pensare, non sono sempre pensieri orribilmente macabri, patetici o dannosi. La vita è larga, e dentro ha anche la morte. anima bella, che più bella non si può, è anche l’unica che si informa su tutti i modi per guarire e stare meglio. Lei pensa che io la ignori, ma in realtà accumulo informazioni. Che qualcuno pensi che io posso guarire, per me è già la medicina più grande.
brezza è una mia amica persa, che sognavo da anni con rabbia. Quando l’ho incontrata, dopo 7 anni, ho capito che non avevo capito niente. Non so come fare a farla tornare mia amica, ma non posso ignorare che insieme a lamàr, lepi e anima bella, è l’unica che sia mai entrata con me in Day Hospital, anche se per pochi minuti. E considerate che in un anno e mezzo non è venuta nemmeno mai mia madre (per non parlare di mia sorella).
Di grande capo e di lulli ho già parlato e parlerò. Poi c’è tutta la mia famiglia danese e poi ci sono gli amici-stella. Quelli che ci sono stati sempre, come chiara e alessandra che mi vogliono bene e che vorrei fossero felici, giuliano e nini che sono troppo lontani, davide, dani, claudia, marina, agnese, matteo, irene, achille, angela, claudia. E ancora tanti. Non dimentico nemmeno un messaggio, nemmeno una telefonata, nemmeno un gesto. Sono stati e sono tutti preziosissimi.
Ci sono anche gli amici che non ce la fanno a starti dietro, come sky, che non ce la faceva neanche prima. Non gliene faccio una colpa ma è così. Per chi tra voi ha letto Love life, lui è esattamente come il protagonista. O sarebbe esattamente come il protagonista. Con me è stato come sarebbe il protagonista se la sua migliore amica avesse il cancro. Il che la dice lunga su cosa certi uomini pensano sia una migliore amica. Mi ha detto che ha pianto quando ha letto il libro di Sannucci. A me in un anno e mezzo mi avrà chiamato 4 volte per sapere come stavo. E una dozzina per raccontarmi di una sua tresca. Eppure non riesco a volergliene. È fatto così.
Gli amici nuovi poi siete voi. Quelli che proprio non le l’aspettavo, che proprio non credevo…Così vi dedico questo lungo lungo post, pensando come sempre a quanto sono fortunata. Specie se sono riuscita a farvelo leggere tutto 😉

Grande II

Non è che sappia proprio raccontarla questa cosa. Però è andata bene. All’inaugurazione c’era un sacco di gente e per i 4 giorni successivi siamo riusciti a creare una comunità di fotografi italiani e stranieri che entravano e uscivano dalle mostre, dagli eventi, dalle feste, dalla caffetteria, insieme a un sacco di pubblico entusiasta. Le mostre sono venute bene, nonostante tutti e tutto, siamo riusciti a fare una cosa non solo dignitosa, ma bella, anche diversa. Tutto merito di Lulli. E del grande capo. Ma anche un po’ mio, e ovviamente di Aki, Mo, Ba & Chia, etc etc. Avrei voluto invitarvi tutti. Io mi sono stancata moltissimo, ma ne è valsa la pena. Ci chiudessero pure adesso. Noi, intanto, gliela abbiamo fatta vedere.

Grande

La verità è che nemmeno io pensavo che ce l’avremmo fatta. E invece sì. E siamo stati bravissimi. Poi ve lo racconto. Quando mi riprendo però, perché ora sono davvero, ma davvero, esausta, e  le nane di là mi pretendono un po’, visto che per una settimana non mi hanno praticamente mai vista. Vado. Lentamente. Con la coda appavonata e il petto in fuori. Orgogliosissima.