Un lutto è un lutto e prende il suo tempo e le sue forme a seconda del tipo di legame che avevamo con la persona che è morta. Non so perché ho questa fortuna, ma in queste notti ho sognato spesso, spessissimo Anna Lisa e le amiche cancer blogger. Evidentemente, anche nel sonno guaritivo mi sono venute incontro le persone che condividono con me il dolore e le paure. So quanto sono fortunata. Mio padre l'ho sognato una volta sola da quando è morto e non so che darei per poterlo sognare ancora, rivederlo almeno lì. Ma non capita mai.
Comunque i miei sono sempre sogni di grande serenità e questo è molto bello. Così piano piano sto meglio. In ogni caso in questo spazio è fondamentale che io possa mettere per iscritto le cose che più mi pesano sulle spalle, ma non crediate che nelle settimane scorse io abbia smesso di prendermi cura di me, della mia famiglia e dei miei amici (come ho potuto). Ieri Nina compiva 7 anni e anche se in maniera più modesta delle passate edizioni abbiamo messo in piedi una bella festicciola con le persone più care. Io ero stanchissima, ma anche abbastanza serena.
La chemio light che sto facendo da 4 settimane sembra avere effetti collaterali ancora contenuti. Poiché si tratta della chemio in pillole che due anni fa mi ha messo in ginocchio, non penso di riuscire ad andare oltre i tre mesi e uno è già passato, ma visto che richiede meno presenze in ospedale, dalla prossima settimana tornerò a lavorare, o almeno ci proverò.
Non prima però di essermi fatta un bel ritiro di meditazione con la persona che ha scritto questo libro. Un libro che consiglio veramente a tutti, o almeno a quelli che hanno voglia veramente di frequentare questo blog, perché qui si parla anche di questo e chi non se la sente, e posso capirlo, può navigare altrove, non voglio offendere la sensibilità di nessuno, ci mancherebbe. Per chi non se la sente, state alla larga da questa montagna. Su questa montagna noi le paure ci piace chiamarle per nome e guardarle negli occhi. Anche se ci fanno paura.
Specie quando ci fanno paura.
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Tutto finisce
L'unica cosa buona che ho combinato l'estate del 2007, l'ultima estate senza cancro, è stato rileggermi tutto Harry Potter prima di passare all'ultimo volume, che era uscito proprio in quelle settimane estive. Per il resto, come ho già scritto altrove, passai il tempo a sentirmi grassa, invidiosa e inadeguata, come una vera cretina. Dopo pochissimi mesi non avrei più avuto estati senza il mio personale Voldemort attaccato ai polmoni, e per quanto non abbia mai messo i film sullo stesso piano dei romanzi (per questo Sissi cara non resto mai delusa, non sono proprio in competizione!) uno dei tanti pensieri quando il mio futuro è diventato una tavoletta di cioccolata a quadretti di tre mesi ciascuno, è stato che non era per niente scontato che avrei visto la fine dei film, così come ero stata abbastanza fortunata da poterli almeno leggere tutti.
Ma nell'ultimo mese mi sono concessa una nuova vacanza dell'immaginazione e così mi sono riletta tutti i romanzi, mi sono rivista tutti i film e stasera sono scappata da sola al cinema. E ho versato un paio di lacrime commosse per essere arrivata alla fine di questo piccolo ciclo cominciato l'estate del 2001, quando a causa di una vacanza annullata all'improvviso, io acquistai The Philosopher's Stone e dopo averne lette due pagine, rientrai in libreria per acquistare tutti gli altri volumi già usciti. E divenne una delle estati migliori della mia vita.
Ecco, da allora sono passati dieci anni, ho insperabilmente visto anche l'ultimo film di Harry Potter stasera e non c'è niente di triste, non c'è niente di strano. Come dicono i manifesti in giro per Roma: tutto finisce.
Tutto finisce.
Tutto comincia.
Direi almeno altri 10 anni, no?
Periodi buoni
Potrei rallegrarvi con i miei appunti sul TABU' nr.2, ma poiché lì andremo sul pesante (preparatevi), forse oggi che è lunedì, ve lo risparmio.
Potrei raccontarvi dell'orgoglio di me ieri alla manifestazione. Di come sono stata fiera di aver mollato le nane a Obi e aver preso la metro, benché stanchissima e dolorante (piccoli dolori da vecchia, niente di che) e aver manifestato insieme alla mia Lepi felice felice di essere tutti così belli, così brave persone, così tante.
O potrei raccontarvi di sabato, di come ho fatto una ecografia epatica perché Mr.Clint ha deciso che mi sono presa abbastanza radiazioni gratuite a botte di TAC ogni tre mesi e allora, d'ora in poi, dove si può, controlliamo con l'ecografo.
Si. Sono d'accordo. Va bene. Ok.
Solo che si sono sbagliati e mi hanno fatto una richiesta per la sola eco epatica, cioè mi hanno guardato solo il fegato. E la tac di giovedi mi vedrà solo il cranio e i polmoni. Nonostante la mia tendenza a minimizzare le preoccupazioni proprie e altrui, ho il sospetto che tra la mia panza e la mia schiena alberghi qualche altro organo piuttosto importante e sono dovuta andare a puntualizzare che così no, non va bene, non sono per niente tranquilla e che sì, può andare stavolta che i marcatori sembrano stabili, ma la prossima volta l'ecografia deve essere addominale completa. Sai com'è, il pancreas ci mette anche meno di tre mesi a farti secco, e vorrei proprio evitarmi il rischio, visto la vita d'inferno che faccio comunque.
O no?
Sabato mi hanno fatto parecchio arrabbiare, non so se si è capito. Ma mi hanno dato ragione e hanno ammesso lo sbaglio.
Umpf.
Comunque il fegato sta bene. E questa è una prima buona notizia.
Per il resto è stato un buon weekend. Mi sono stancata un po', ma è stato bello. E le nane sono state bravissime. E poi è tornato quell'abbacchio di Cimino (che era scomparso per 5 giorni, e io avevo già fatalisticamente accettato la cosa) e poi sono stata in biblioteca e ho preso un sacco di libri, e poi oggi pomeriggio prendo le prime pagelle di Nina e lei e Lilla stanno crescendo così serene, vivaci, aperte. Insomma, è un buon periodo e aver ripreso a lavorare è una cosa che mi fa bene veramente, sono molto aperta a tutti gli stimoli, e ho la fortuna di un lavoro che davvero ne offre tanti. Ecco, sono serena. E questo a 4 giorni dalla consueta visita alle mie metastasi polmonari è una specie di evento. Dico davvero. Speriamo che duri un pochino.
Chemiokit
Cosa vi portate quando dovete fare la chemioterapia?
Ci pensavo oggi, quando per il nervoso ho sfruttato tutte le diverse componenti di quello che ormai posso chiamare il Chemiokit. Magari avete qualche suggerimento da aggiungere.
Intanto vi dico cosa serve a me:
– abiti comodi, in particolare una maglia con il collo a bottoni da aprire facilmente se avete il port, o con le maniche che si tirano su facile se vi devono mettere l'agocannula. Io uso sempre la stessa maglietta, penseranno che sono una puzzona che non si cambia mai, ma è perché è proprio adatta, calda, morbida, maniche comode e bottoni in caso di improvvisa vampata. Ed è pure carina;
– una sciarpa gigante che può essere utilizzata con scopi diversi: serve a coprirvi quando l'aria condizionata mira ad abbassare le spese del SSN facendovi secchi con una polmonite, serve a coprire l'ago dalla vostra vista se vi fa senso come a me, serve a metterla tra il braccio e il bracciolo di viscida plastica, serve a impaccottigliarla e farvi da cuscino se siete in vena di pennica tossica. Insomma serve, portatela. Io oggi me la sono scordata (o me la sono persa? boh!) e mi è mancata tanto;
– un libro che vi piace. non quello che state ancora cercando di capire se vi piace o meno e intanto lo leggete. no, quello lasciatelo a casa, portatevene uno che vi piace molto. magari non lo leggerete ma vi farà simpatia sapere che c'è;
– una bottiglia d'acqua se in ospedale non ve la danno (da noi si), meglio se frizzante in caso di nausea;
– qualunque tipo di sistema per ascoltare musica e/o radio e/o podcast e/o guardare video. Se non siete bravi con i cosi elettronici prendete un fratello, una sorella, il cugino sveglio o la nipote smandrappa e fatevi spiegare come funziona un comunissimo lettore mp3. Avere la possibilità di infilarsi le cuffiette quando la vecchia depressa di turno cerca di attaccare bottone può decisamente salvarvi la vita, chiedetelo a chiunque (alle brutte portatevi delle cuffiette e basta, al primo approccio potrete infilarle nelle orecchie e fare finta che siete troppo impegnati con la musica per ascoltare i sordidi sviluppi degli effetti collaterali del vicino di poltrona in sala somministrazione);
– qualcosa per scrivere. scrivere cosa? boh, portatevelo lo stesso che non si sa mai;
– qualcosa da mangiare se avete somministrazioni che richiedono tante ore, vedete voi, nel mio ospedale gli infermieri fanno anche i panini per i pazienti all'ora di pranzo, nel caso. magari anche nel vostro ospedale;
– un giornale da metropolitana, di quelli che non hanno articoli più lunghi di 7 righe 7, tanto non avete la concentrazione, né lo spazio per dedicarvi a un giornale vero;
– il telefono carico di batteria e di soldi (ma abbassate la suoneria e pure la voce, non state mica a casa vostra, eh)
e poi gli ultimi tre elementi fondamentali per uscire dalla seduta di chemio in buone condizioni, e cioè:
– una manciata di sorrisi da utilizzare senza starci a pensare troppo su, sorrisi da regalare senza nessun particolare motivo, anche a costo di sembrare dementi: servono a rallegrare l'atmosfera generale, soprattutto la vostra;
– la pazienza, la pazienza per la tv piazzata su Forum a palla, o per la radio con i Pooh a manetta, o per la vecchietta che non potete fare fuori con le cuffiette perché è tanto carina e vi sta solo chiedendo di dire un paio di rosari insieme (si, capìta), per la ragazzina anoressica che sta facendo infusioni di glucosio e che voi vorreste strattonare per dirle "ti rendi conto? per favore ti rendi conto? per favore vuoi vivere, per favore?", per le vostre vene che si bloccano, per il farmaco che non scende, per l'appuntamento che vi hanno dato sbagliato, per il legittimo giramento di palle perché vi siete svegliati male (voi o quelli accanto a voi, che è uguale);
– una buona dose di ironia, che nella vita serve sempre, ma credetemi, in ospedale per qualunque sfortunato motivo ci siate finiti, serve ancora di più. E anche quando ne uscite, tipo adesso…
Mi sono dimenticata qualcosa?
Come una funambola
Traccheggiavo, io.
Facevo finta di niente.
Lo avevo ricevuto in mano dall'autrice, con tanto di dedica personalizzata, ma me lo tenevo lì, per dopo.
Per un altro momento.
Per più avanti.
Poi, in questi giorni di intensissima fatica mentale, di ferreo contenimento emotivo, mi ci sono rifugiata dentro, trovando il porto sicuro della comprensione, così come è stato due anni fa quando sono capitata sul suo blog.
Leggendolo ho capito perché non volevo farlo e perché è così bello.
La verità è che non volevo leggerlo questo suo libro, perché vorrei che Giorgia non fosse mai stata malata, e perché voglio che non lo sia mai più. Perché mi viene da piangere ogni volta che riconosco le sofferenze, gli abbattimenti e gli sforzi che ci vogliono ad alzare la testa, nella malattia e nel superamento della malattia. Sono quelli che affronto ogni giorno da tre anni. Ma non sopporto che lo debbano vivere, o che lo abbiano vissuto, quelli a cui voglio bene. Sono egoista. Voglio sta cazzo di malattia tutta per me, che ci volete fare.
Ma Come una funambola è bellissimo, ha quella bellezza discreta della verità e della vita che è fatta di inciampi, di mattine luminose, di capelli che cadono e che ricrescono, di amici che spariscono e di gatte che ci sostengono.
E' bello perché racconta con il semplice scorrere delle pagine che, se non hai paura di avere paura, la vita è un viaggio molto interessante, pieno di persone amabili, pieno di fatiche nobili, di incredibili fortune, e insondabili tristezze. Anche se hai avuto il cancro. Anche se ti è tornato. Anche se devi fare di tutto per non fartelo tornare.
E racconta – e non so in quanti finora lo abbiano saputo fare così bene – che accanto alla chemioterapia, accanto a tutti gli esami diagnostici del caso, quello di cui è fatta la guarigione profonda è l'impegno, a volte per niente facile, di mantenere aperto, vivo, anche polemicamente, il dialogo con il proprio medico, l'impegno a credere che bere l'aloe tutte le mattine può aiutarti (ed è vero che ti aiuta) e che imparare i passi dell'anatra selvatica non solo non può farti male, ma probabilmente ti aiuterà a rimettere in circolo tutto quello che di buono hai sotto le tue di ali naturali.
Ecco, le ali naturali di Giorgia sono molto grandi, e si dispiegano con forza lungo tutto questo bel libro, tanto che alla fine, ti tirano su con loro.
E, benché in equilibrio precario, da lassù si sta molto meglio, datemi retta. Leggetelo.
Effetti collaterali imprevisti
Non so se sia corretto attribuirne la responsabilità alla nuova chemio, ma in queste settimane faccio fatica a parlare, anche a scrivere. Faccio fatica a sentirmi in ordine con la mia vita e con le persone. Mi sento a disagio sempre con tutti. Fatta eccezione per le nanine che sono invece due angiolette. Mi stranisce la mia vita, gli impegni casalinghi o famigliari, i pochi burocratici. Mi stranisce il modo in cui reagisco alle cose. I sogni che faccio (che sogni orribili che ho fatto stanotte). Mi intristisco appena, in maniera invisibile, mi fanno male le vene, ma sono sciocchezze. Non sopporto le tante amenità che accompagnano la routine ospedaliera. Mi infastidiscono troppo. Senza motivo. Perché apparentemente sto bene, i capelli – lentamente – stanno ricrescendo, e anche se ancora sembro un uomo col riporto e sono grassa, tutto sommato, apparentemente, sto bene. La chemio non sembra infastidirmi, non ho nausee e non ho sviluppato, ahimé, l’anoressia che speravo. Leggo tanto e con piacere. Ma comincio a chiedermi se non sia il caso di tornare a lavorare per sentirmi meno a disagio, costantemente. Il cancro, di solito, ti prende a un’età in cui sei pronto a mettere da parte un parte di vita e a cominciarne un’altra. Quando ti prende così giovane, metti tutte le tue energie ad affrontarlo e a superarlo. Ma quando ti prende così giovane e devi viverci, viverci, viverci, una chemioterapia dopo l’altra, un mese dopo l’altro, un anno dopo l’altro. E portare avanti tutta la tua vita come niente fosse. La tua e di chi dipende da te. Separata, mentre lo fai, dalla vita di tutti gli altri. Ecco forse sono un po’ affaticata. Forse questi sono i neri pensieri della giornata di somministrazione (oggi per l’appunto) che passeranno più tardi.
Forse però devo trovare un altro modo di vivere, ho la sensazione sempre più forte di essere in bilico. E che è ora di darmi una spinta da una parte o dall’altra.
Ricredersi è bello
Se non avessi la certezza di stare leggendo solo adesso Un altro giro di giostra, penserei di averne seguito pedissequamente le orme nel mio modo di vedere e di raccontare il cancro. Immodestia a parte – e ovvie qualità letterarie a parte – le sue prime 30 pagine potrei averle scritte io. E questo giusto per ricredermi, io che ho sempre considerato Terzani uno che scriveva sciattamente. Mi sta bene. Ma sono ben contenta di ricredermi, perché è bello scoprire che non sono l’unica matta a pensare alle mie cellule impazzite (proprio così, pure Terzani parla delle sue cellule impazzite, proprio come me!), alla malattia come viaggio e a sogni di soste sotto l’Himalaya, oltre a tanto altro che ci accomuna.
Ecco è bello. Bello sentirsi ancora un po’ meno sola.
Clandestinamente
Siamo in vacanza, clandestinamente, perché ogni 6 giorni devo tornare a fare il tagliando chemiostro, ma siamo in vacanza. Sempre nello stesso posto dove vado più o meno da 30 anni, ma che sempre di più è meno popolato da italiani e più da stranieri. Deve essere perché non c’è assolutamente niente da fare, se non guardare i pioppi e annusare le siepi di bosso, osservare le colline, giocare con i propri figli, andare in bici, parlare, leggere. Meglio così. Gli stranieri mi guardano pelata e mi sorridono per dire "va tutto bene, ci sono passata anche io/ci è passata mia moglie/mio fratello/mia cognata/ vedrai, andrà tutto bene". O almeno a me sembra così. Nessuno mi fissa, o distoglie lo sguardo imbarazzato o strabuzza gli occhi per la paura.
Semmai, tutti mi sorridono un po’ di più.
E a me, semi-stanziale, sembra di viaggiare lo stesso. Dietro mi porto tutti i libri che mi avete consigliato che ho trovato in biblioteca. E’ bello.
E il bosso ha un profumo buonissimo, sapete.
Buone vacanze anche a voi!
…e letture estive
Tra pochi giorni si parte per andare qui.
Vagolo ancora nel mio umore strano, che soprattuto è molto affaticato, credo. Vagamente ciclotimico. Per impedirmi di fare troppi casini, mi sono data alle pulizie integrali della casa, che con 40° è una esperienza sicuramente gratificante. Ieri mentre pulivo sopra il pensile più alto della cucina, luogo dove chi mi fa le pulizie in genere evidentemente non è mai arrivato, cosa ho trovato? un palloncino sgonfio di qualche nanofesta e tante piccole ormozampette di Grigia. Così stanotte per nostaglia me la sono sognata. Sic.
In compenso ho finito la splendida, ma cupa lettura di cui sopra e adesso devo preparare i bagagli per le vacanze. Che ne dite di suggerirmi un titolo leggero e/o di facile lettura, e/o molto entusiasmante, e/o molto bello? Domani andrò in libreria a fare scorta. Le uniche indicazioni che chiedo sono che non sia troppo breve, non riesco a leggere libri troppo corti. A meno che non siano geniali, è ovvio.
Mentre ci pensate vado a finire le pulizie. Ma che palle però, eh?
Letture faticose
Ci sono letture che si possono fare solo alla luce del giorno. Come quella di adesso. Obi dice che forse è una letturina un po’ pesante, ma a me capita così, i libri mi chiamano e io posso solo rispondere. In questo caso è una risposta sofferta, disgustata, orripilata, avvilita, ma almeno non arresa. Quello mai. E però.
The horror, the horror.
Questa settimana ho saltato il consueto appuntamento con la chemio e forse è stato un bene. Il motivo reale sono i globuli bianchi bassi, ma io mi chiedo se anche questo abbassamento non sia causa o conseguenza della fatica nervosa che mi sento addosso. In ogni caso sono tesa come una corda di violino, mi sento intrappolata nella mia stessa voce troppo alta, troppo facile a scattare nelle direzioni che meno vorrei. Forse è il caldo. Forse dovrei perdonarmi un po’ di più. Forse dovrei accettare che ci sono giornate anche così, che sono solo giornate e che poi passano. Ma quando mi sento così, non posso non chiedermi se è colpa dei farmaci che prendo ininterrottamente da così tanto tempo, che mi hanno cambiato l’umore, il carattere, o è semplicemente che sono diventata proprio una stronza. O che lo sono sempre stata. La risposta razionale, sepolta in qualche angolo tra le mie due orecchie, sussurra che invece non è proprio un bel niente, solo che a volte è così e che la devo piantare di stare lì a girarci intorno.
Devo fermarmi più spesso e devo fermarmi prima.
E devo sbrigarmi a finire di leggere questo piccolo capitolo dell’impensabile umano, a infilarlo da qualche parte nel mio cuore, tra le pieghe della mia voce, perché passi nelle mie parole alle mie figlie, nei miei gesti alle mie figlie. E invece di strillare, gridare, perdere la calma e tutto il resto, devo imparare che, proprio perché è banale e così diffuso, il male, che va eliminato da ogni gesto, ogni giorno.
O quantomeno devo imparare che questo è l’unica fatica che veramente ho il dovere di fare.