Ora comincia veramente l'estate. Stamattina, anticipando a sorpresa al mio solito, ho fatto la tac trimestrale. L'esito è una situazione di sostanziale stabilità, la malattia è ferma dov'era. Questo significa che potrò mantenere questa chemio per i prossimi tre mesi, che potrò non aver paura per un altro po', che potrò immaginare delle vacanze estive insieme alle bimbe e a Obi tra un'infusione e l'altra.
Mr.Clint ci ha bonariamente rimproverato perché Obi e io non abbiamo fatto nemmeno un sorriso quando ce l'ha detto, ma io avevo solo un gran groppo in gola per il sollievo. Solo tornata a casa, circondata da Nina e Lilla che giocavano in mutande e canottiera per la casa, mentre ascoltavamo questa, sentendo la vocetta di Nina che cantava il ritornello sotto voce, mi sono uscite due lacrime di calma felicità.
E benché, sempre al solito, io sia adesso totalmente stordita e svuotata, priva di forze, ho ben presente il senso di serenità che piano mi avvolgerà le caviglie, come fanno le onde quando per la prima volta si va al mare e si sente se l'acqua è fredda. Dalle caviglie, per poi salire ed investirmi di benessere, temporaneo è vero, ma meraviglioso. Proprio come il primo bagno al mare.
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SUFJAN STEVENS
Sufjan Stevens è un genio assoluto.
E' veramente intelligente, umile, presente, un bravissimo musicista, ha una voce fantastica, non se la tira, è abbastanza gnocco, e sembra pure una bella persona, nonché uno che dopo due ore di concerto incredibile, si sa infilare una parrucca ridicola in testa, una maschera da scimmia, dei pantaloni fosforescenti, e mentre riesce a suonare un pezzo di 25 minuti (un unico pezzo di 25 minuti, no, dico, vi rendete conto?) alla fine riesce a farti alzare, gridare, ballare: Oh boy we can do much more together. E ti ci fa credere che proprio sia possibile.
E' stato il concerto in assoluto più bello dove sia mai andata e probabilmente anche una delle cose più belle che abbia mai fatto con Obi.
E poi è stata una giornata bellissima, prima a Bologna con Ziacris che mi ha dedicato la mattina e il tempo insieme è stato veramente un regalo prezioso, come se fosse normale vedersi e girellare insieme e parlare, come se non fosse eccezionale, perché siamo sempre vicine, davvero. Che bello. E poi a Ferrara nell'albergo che ci hanno regalato i nostri cognati, un angolo di cielo e di verde silenzioso e pieno di uccelletti. E poi con grande capo e signora, che sono riusciti a raggiungerci anche grazie alla generosità che nasce intorno a questo blog, e che non finirà mai di sorprendermi. E poi, l'ingresso al Teatro Comunale di Ferrara che è bellissimo e, questo la ripeterò allo sfinimento, la conferma che sono stata veramente la prima a comprare i biglietti per questo concerto, perché avevamo i posti in assoluto migliori, i più centrali, i più belli, quelli dove davanti c'era solo Sufjan.
Che grande, che grande!
Ora siamo di ritorno sul treno per Roma, ma quando arrivo a casa, dopo che ci siamo spupazzati ben bene le nanine, aggiungerò le foto che ha fatto Obi, perché – ve l'ho già detto? – siccome sono stata la prima a comprare i biglietti per il concerto, avevamo i posti migliori di tutti e stavamo proprio vicino vicino.
E' stato un regalo fantastico che ci siamo fatti, questi due giorni insieme, veramente bello, davvero.
Ah, sapete, stavamo pure nell'articolo sul concerto che è uscito oggi sui giornali locali, cioè ci hanno fatto una foto, perché, sapete, eravamo proprio in prima fila, ieri, perché sono stata la prima a comprare i biglietti per Sufjan.
O ve l'ho già detto?
😀
Delicate
Comunicare è una cosa complicata, immagino che lo abbiamo capito tutti verso i 5 anni quando ci siamo ostinati a spiegare a babbo natale che tipo di bambola volevamo solo per vederci arrivare quella sbagliata.
Ci sono moltissime volte che viene la sana voglia di interrompere le comunicazioni, perché richiede troppa fatica, è troppo complicato, bisogna metterci troppo impegno a spiegare le cose, troppo impegno a non restarci male quando gli altri sbagliano con noi. Troppo entusiasmo vitale a scoprirsi e raccontare, spiegare, proteggere, con le parole o con i gesti. Ma è uno sforzo inevitabile. Per questo credo che l'innamoramento reciproco sia un momento meraviglioso nella vita di ognuno di noi, perché è una delle rare volte in cui non c'è bisogno di spiegare niente, è tutto lì, nella carne, negli sguardi, nella prossimità. O almeno così crediamo, e il fatto che ne siamo sicuri, quella certezza, è già di per sé un regalo. Che poi non si ritrova facilmente. E guai a chi ha messo in giro la voce che una simile intimità si ritrova tra madre e neonato. Quando ci troviamo quegli adorabili mostri urlanti tra le braccia posso garantire che 9 mamme su 10 pagherebbero denaro sonante per capire che cosa vuole l'aquila in questione e perché si dimena così.
Per dire. Comunicare è complicato.
Ma sono mesi che penso che non è solo complicato, o che non è tanto il fatto che sia complicato. E' da quando ho sentito per la prima volta questa canzone che penso che sia piuttosto proprio così. Perché richiede un'attenzione che non è sempre facile. E' proprio così: è delicato.
Bionica
Lo so che era una scemenza, che ve lo siete messi tutti e non vi ha fatto niente e che mi risparmierà un sacco di rogne. Ma a me mettere il port mi faceva paura, ecco.
Adesso l'ho messo, però. Ed è vero, non mi hanno fatto male, è vero, non sento niente e non ho sentito niente. Rispetto alla biopsia polmonare è stata una passeggiata, rispetto all'inserimento del drenaggio, molto meno splatter, niente schizzi di sangue ovunque, per capirsi. Come raccontavo ad Anna Lisa, quando l'anestesista mi ha chiesto se volevo qualcosa per stare più rilassata, un sedativo, gli ho riso in faccia e gli ho quasi strappato di mano la siringa per farmi da sola subito. Alla faccia della meditazione. Che poi sotto sedativo non ci riuscivo mica a meditare. Ma vabbè, ogni tanto ci sta pure qualche aiutino chimico.
Ma adesso, se ci penso che c'ho l'antitaccheggio incorporato, beh mi fa un po' senso. Già lo so che ci metterò un po' prima di riuscire a guardarmi allo specchio, vecchia codarda che non sono altro. Ma va bene anche così. Ogni scusa è buona per risparmiarmi di portare le buste della spesa per un po' e per farmi ricoprire di baci dalle nanine che da quando ci abbiamo parlato sabato, ogni tanto si girano mi corrono incontro e mi si avvinghiano strette strette. Bello!
E stasera, anche in onore del mio novello francio corso di lingua, ma soprattutto grazie alla generosità del buon vecchio Obi, ce ne andiamo qua.
À Bientôt!
24 maggio 2011
Domani finalmente ho la tac trimestrale. Vi lascio immaginare il simpatico stato di nervi a fior di pelle (neanche troppo, più che altro, tanta stanchezza al momento).
Ad ogni modo, tra tre mesi, presumibilmente, avrò un'altra tac trimestrale. E sapete cosa starò facendo tra tre mesi invece che aspettare l'ennesima tac con l'ennesimo attacco di nervi?
Starò andando al concerto di Sufjan Stevens che aspetto da almeno due anni!!!
felicitàààààà!!!
Dati i posti che ho trovato, sono stata probabilmente la prima ad acquistare i biglietti, e questo mi gonfia di orgoglio come l'ultima delle oche giulive. Ma soprattutto, diciamocelo, fare un investimento del genere sul mio prossimo trimestre è una capriola di fiducia e di allegria che oggi ci stava particolarmente bene!
iuppidù
Chemiokit
Cosa vi portate quando dovete fare la chemioterapia?
Ci pensavo oggi, quando per il nervoso ho sfruttato tutte le diverse componenti di quello che ormai posso chiamare il Chemiokit. Magari avete qualche suggerimento da aggiungere.
Intanto vi dico cosa serve a me:
– abiti comodi, in particolare una maglia con il collo a bottoni da aprire facilmente se avete il port, o con le maniche che si tirano su facile se vi devono mettere l'agocannula. Io uso sempre la stessa maglietta, penseranno che sono una puzzona che non si cambia mai, ma è perché è proprio adatta, calda, morbida, maniche comode e bottoni in caso di improvvisa vampata. Ed è pure carina;
– una sciarpa gigante che può essere utilizzata con scopi diversi: serve a coprirvi quando l'aria condizionata mira ad abbassare le spese del SSN facendovi secchi con una polmonite, serve a coprire l'ago dalla vostra vista se vi fa senso come a me, serve a metterla tra il braccio e il bracciolo di viscida plastica, serve a impaccottigliarla e farvi da cuscino se siete in vena di pennica tossica. Insomma serve, portatela. Io oggi me la sono scordata (o me la sono persa? boh!) e mi è mancata tanto;
– un libro che vi piace. non quello che state ancora cercando di capire se vi piace o meno e intanto lo leggete. no, quello lasciatelo a casa, portatevene uno che vi piace molto. magari non lo leggerete ma vi farà simpatia sapere che c'è;
– una bottiglia d'acqua se in ospedale non ve la danno (da noi si), meglio se frizzante in caso di nausea;
– qualunque tipo di sistema per ascoltare musica e/o radio e/o podcast e/o guardare video. Se non siete bravi con i cosi elettronici prendete un fratello, una sorella, il cugino sveglio o la nipote smandrappa e fatevi spiegare come funziona un comunissimo lettore mp3. Avere la possibilità di infilarsi le cuffiette quando la vecchia depressa di turno cerca di attaccare bottone può decisamente salvarvi la vita, chiedetelo a chiunque (alle brutte portatevi delle cuffiette e basta, al primo approccio potrete infilarle nelle orecchie e fare finta che siete troppo impegnati con la musica per ascoltare i sordidi sviluppi degli effetti collaterali del vicino di poltrona in sala somministrazione);
– qualcosa per scrivere. scrivere cosa? boh, portatevelo lo stesso che non si sa mai;
– qualcosa da mangiare se avete somministrazioni che richiedono tante ore, vedete voi, nel mio ospedale gli infermieri fanno anche i panini per i pazienti all'ora di pranzo, nel caso. magari anche nel vostro ospedale;
– un giornale da metropolitana, di quelli che non hanno articoli più lunghi di 7 righe 7, tanto non avete la concentrazione, né lo spazio per dedicarvi a un giornale vero;
– il telefono carico di batteria e di soldi (ma abbassate la suoneria e pure la voce, non state mica a casa vostra, eh)
e poi gli ultimi tre elementi fondamentali per uscire dalla seduta di chemio in buone condizioni, e cioè:
– una manciata di sorrisi da utilizzare senza starci a pensare troppo su, sorrisi da regalare senza nessun particolare motivo, anche a costo di sembrare dementi: servono a rallegrare l'atmosfera generale, soprattutto la vostra;
– la pazienza, la pazienza per la tv piazzata su Forum a palla, o per la radio con i Pooh a manetta, o per la vecchietta che non potete fare fuori con le cuffiette perché è tanto carina e vi sta solo chiedendo di dire un paio di rosari insieme (si, capìta), per la ragazzina anoressica che sta facendo infusioni di glucosio e che voi vorreste strattonare per dirle "ti rendi conto? per favore ti rendi conto? per favore vuoi vivere, per favore?", per le vostre vene che si bloccano, per il farmaco che non scende, per l'appuntamento che vi hanno dato sbagliato, per il legittimo giramento di palle perché vi siete svegliati male (voi o quelli accanto a voi, che è uguale);
– una buona dose di ironia, che nella vita serve sempre, ma credetemi, in ospedale per qualunque sfortunato motivo ci siate finiti, serve ancora di più. E anche quando ne uscite, tipo adesso…
Mi sono dimenticata qualcosa?
stasera
Internet è una forza, negli ultimi giorni ne ho avuto una prova in più. Ma internet ha anche un sacco di difetti. O forse i difetti ce li abbiamo noi e non possono che riversarsi sull’uso che facciamo della rete, dei declamati social network.
Ho conosciuto Lara solo virtualmente. Per qualche mese ci siamo scritte mail, abbiamo chattato su fb, come può succedere solo tra estranei, ci siamo dette delle cose che non abbiamo detto a nessun altro con altrettanta franchezza. Ma a noi faceva bene parlare sapendo che l’altra non si sarebbe spaventata, che l’altra capiva senza pietà pelosa, senza ipocrita ottimismo.
Poi per Lara la malattia è precipitata e benché mi fossi ripromessa di esserle vicino con almeno un sms ogni tanto, invece poi non l’ho fatto. Poi piano piano ho scordato di farlo. Perché per me la vita continuava, a differenza che per Lara.
E oggi mi sono ricordata di controllare come stava, prima su fb. Poi, dopo aver letto i messaggi inequivocabili dei suoi studenti, ho trovato su google un articoletto. Non voglio parlare qua della mia vergogna per non esserci stata quando avrei dovuto, queste sono cose che mi devo vedere con la mia coscienza e basta.
E non posso parlare di Lara perché non ho avuto la fortua di conoscerla meglio. Ma so che aveva sognato un viaggio a Madrid e che l’aveva fatto chiedendomi consiglio perché io c’ero stata poco tempo prima. Anche quel viaggio Lara non se l’è potuto godere come avrebbe meritato.
E allora a me è venuta in mente questo viaggio da Madrid a Barcellona. Questa canzone.
E stasera la dedico a Lara, a suo marito, e a chi ha avuto la fortuna di amarla.
L'erba voglio
Oggi le analisi del sangue mi hanno rimandato. Per la prima volta, domani non potrò fare il taxolo, ma dovrò mettermi in stand by per una settimana. Durante questi 2 mesi e mezzo di chemio non mi era ancora mai capitato, ovvio che dovesse presentarsi a due infusioni dalla fine. Lo prevedevo, per cui non sono né avvilita, né incazzata. Approfitto di questa settimana per riposare un po’, tutto qua.
Ma come scrivevo a una amica, mi è venuta voglia di non rimandare altre cose. Di volere volere volere volere tutto quello che desidero. Senza metterlo da parte come sempre per gli impegni di lavoro, di malattia, di organizzazione, di soldi.
E’ ovvio che uno deve fare i conti con tutto questo, sia in malattia che no. Ma ho pensato di poter fare qui una lista di quello che voglio. Una lista schifosamente egoista e impossibile. Così, almeno per sfogarmi un po’.
Ho deciso di chiamarla lista dell’Erba voglio. Se volete partecipare, l’unica regola è scrivere le 10 cose che vogliamo vogliamo vogliamo, senza riguardo per nessun impedimento di nessuna natura. Ovviamente mi farebbe molto felice leggere le vostre!
Intanto ecco le mie:
1) Voglio andare a New York, mollare le nane alle nonne almeno per una settimana e andare con Obi a New York. Adesso, prima dei prossimi controlli.
2) Voglio andare a trovare animabella e farci un sacco di cantate insieme.
3) Voglio fare una grande festa in giardino da me con tutti gli amici di Nina e Lilla, anche se non è il loro compleanno, nel primo pomeriggio di sole caldo che arriverà, sapendo in partenza che non mi stancherò e che sarà divertente.
4) Voglio prenotare una domenica a pranzo un ristorante che amo, in un posto che adoro, gestito da un amico carissimo, e portarci lepi, lamar, sky, bregrande capo, lulli, animabella e tutte le loro famigliole.
5) Voglio pesare 7 kg di meno. Già da ora.
6) Voglio andare a Copenhagen e passeggiare con Obi, Giuliano e Nini in centro la notte del 5 maggio, pasteggiando a fragole, vino bianco frizzante e gamberetti prima con la mia famiglia danese.
7) Voglio andare a un concerto di Sufjan Stevens.
8) Voglio imparare a suonare uno strumento musicale. Preferibilmente il flauto.
9) Voglio imparare una lingua straniera. Preferibilmente l’arabo, o l’hindi o il cinese.
10) Voglio andare su una montagna molto alta, la più alta che riesco a raggiungere con i miei mezzi.
Ecco. Buona parte di queste cose sono impossibili. Altre me le sono scordate al momento. Ma alcune potrei anche farcela, non si sa mai.
E voi?
Cambio di stagione
Ieri, spinta dal calduccio primaverile e dalle vampate, ho aperto l’armadio, ho preso il 90% di quello che c’era dentro e l’ho infilato in un bel bustone per i poveri.
Io sono di quelle che si compra due capi l’anno. Ma poi li conserva per 10. Col risultato che avevo l’armadio pieno di vestiti, sì, ma in più della metà non riuscirei a rientrare nemmeno dopo questa ennesima dieta e l’altra metà appartiene a una vita che non mi ricordo neanche più. E non parlo della vita prima della malattia, ma quella ancora prima, quella ancora della laurea, prima del matrimonio, o quella senza figli, quella vita insomma in cui ancora non erano comparse delle protuberanze prima inesistenti sul mio corpo. Quella in cui, non si spiega, ma a parità di peso riuscivo ad entrare in certi jeansetti belli attillati che oggi si fermano poco sopra il ginocchio. Quella in cui, ottusa me, mi vedevo comunque sempre troppo grassa e fisicamente inadeguata.
Ieri siamo anche finalmente riusciti a ricomprarci uno stereo. Erano almeno 5 anni che andavamo avanti con un catorcio da 30 euro che dovevo prendere letteralmente a schiaffi per regolare il volume. Ma ieri siamo riusciti a fare il grande passo. E non ho più intenzione di passare così tanto tempo senza musica intorno.
E dunque addio ai vestiti vecchi e alle vecchie abitudini, era proprio ora di un cambio di stagione.
Quello che proprio non credevo, però, era di essere in grado di immaginare le cose in maniera diversa.
E questo, insieme ad alcuni brividi silenziosi per qualcuno che amo tanto, è il segreto più prezioso di questa primavera.
Addii
A conclusione di questa simpatica settimana, da oggi sono ufficialmente, definitivamente e soffertamente uscita dal magico mondo di za.
Vorrei saper parlare di questa cosa in modo più ironico, ma proprio non mi viene.
Per prepararmi a questa giornata sono almeno 3 mattine che tento sessioni selvagge di shopping terapeutico. Ma ogni volta torno a casa con le sporte vuote e il cuore gonfio.
Vorrei immaginare che quello che comincerà la prossima settimana sarà un periodo lavorativo altrettanto felice, folle e divertente, ma anche questo proprio non mi riesce.
Vorrei pensare che le mio priorità sono ben altre che il lavoro. Ma finché sono stata dentro za non è stato così e sarà dura cambiare carattere adesso, anche se dovrò farlo.
A za ci lascio le cose più belle che ho fatto, e le persone migliori che ho conosciuto negli ultimi anni. E mi mancherà per sempre.
Come minimo, però, una delle settimane peggiori dell’anno già me la sono quasi lasciata alle spalle. E considerato che siamo solo al 15 gennaio, possiamo dire che mi sono portata avanti con il lavoro…
Adesso però vediamo di migliorare, che ne dite?
Per il momento lasciamoci così.