Copia e incolla

In questi giorni sto facendo una di quelle cosette che dovrebbe fare ogni utente saggio di splinder. Ovvero salvarsi in qualche forma i propri post. Ci sono vari modi per farlo e oltre a quello tecnologico suggerito proprio dalla comunità di splinder, c'è quello vecchia maniera di prendere i post uno per uno e salvarli su un unico file word…Ecco io ho fatto il primo, e sto facendo il secondo e in questo secondo processo, inevitabilmente rileggo tutto quello che ho scritto fin qui. Ieri ho completato tutto quello che ho scritto nel 2009 e mi rendo conto di quanto allora fossi maggiormente fiduciosa, allegra, speranzosa che le cose sarebbero state diverse. Mi preoccupavo che al massimo avrei dovuto passare in ospedale due volte ogni 3 settimane per farmi una dose di herceptin, non immaginavo che invece a un certo punto anche quel farmaco biologico, non aggressivo, e miracoloso per tanti, non sarebbe andato più bene per me. Mi preoccupavo di dover cambiare la 4° chemio in due anni, e ne successivi 2 ne avrei cambiate altre 4. Ero già piuttosto buddhica e praticavo una meditazione incosciente, che poi sarebbe divenuta anche formale. Mi dipingevo migliore di quello che sono, cosa che faccio ancora adesso, ma adesso cerco di farlo con maggiori concessioni alla mia vera natura di meschina rompicoglioni. Ritrovo in quel 2009 i primi commenti di giorgia e julia e poi quelli della mia socia malandrina, e mi rendo conto che tra tutti i commentatori ziacris  e camden sono quelle che vincono il premio fedeltà. grazie ragazze, non vi merito, lo sapete? Rispondevo sempre ai commenti allora, cosa che oggi non riesco più a fare con regolarità. La pensavo male di Terzani, ma poi mi sarei ricreduta. Scrivevo molto di quello che mi era accaduto anche prima di aprire il blog (ho aperto il blog un anno e mezzo dopo la diagnosi) mentre adesso scrivo meno e scrivo molto più sul presente. Un presente a cui mancano almeno 3 persone che leggevano qui, perse dalla mallattia, e che hanno lasciato un permamente senso di assenza, paura e sgomento. Scrivevo già molto bene alcune cose che non sono mai cambiate. Sono fiera di me e di averle sapute inquadrare come volevo. Non perché mi devo adulare da sola, ma perché – e credetemi, lo dico senza ambizioni letterarie – per me è importante usare le parole giuste per descrivere quello che voglio, quello che ho bisogno di dire. In tutto questo, uno dei miei primissimi post è ancora quello che mi rappresenta meglio. E nonostante la fatica che ho fatto in questi anni, una fatica che dimentico, che se mi fermo a pensarci, mi soffoca, continuo a credere che questa è una strada, la mia strada.
E, detto questo, torno a fare copia incolla, ho ancora un paio di anni da mettere in salvo…

Speriamo di farcela

Vabbè avevo scritto un post bellissimo sul rientro a lavoro, ma splinder ha pensato bene di farmelo fuori.
Allora sarò sintetica: sono tornata a lavoro. Nonostante la paura di non farcela, sono riuscita a fare tutto il tragitto bus-metro-cammino senza arrivare devastata. Probabilmente è grazie alla forte motivazione. Ma sicuramente il weekend passato tra meditazione e amore famigliare in cima a una collina in campagna ha la maggior parte del merito. In ogni caso sono qui. Speriamo di farcela a lungo. A chi pensa "che te frega del lavoro, c'hai altro a cui pensare", ricordo che l'altro a cui pensare non è proprio entusiasmante, per cui anche essere qui è una variazione sul tema che spero possa aiutare l'andamento generale.
Speriamo di farcela.
Non vorrei deludere le aspettative di tutti, compresa me.
E chi mi dice che dovrei sbattermene delle aspettative di chi mi vuole bene, ricordo che a chi mi vuole bene ho regalato solo preoccupazione negli ultimi anni, e variare il menù non farebbe male a nessuno. Inclusa me.
Insomma, sono qui. Speriamo di farcela un po'.

Alla larga

Un lutto è un lutto e prende il suo tempo e le sue forme a seconda del tipo di legame che avevamo con la persona che è morta. Non so perché ho questa fortuna, ma in queste notti ho sognato spesso, spessissimo Anna Lisa e le amiche cancer blogger. Evidentemente, anche nel sonno guaritivo mi sono venute incontro le persone che condividono con me il dolore e le paure. So quanto sono fortunata. Mio padre l'ho sognato una volta sola da quando è morto e non so che darei per poterlo sognare ancora, rivederlo almeno lì. Ma non capita mai.
Comunque i miei sono sempre sogni di grande serenità e questo è molto bello. Così piano piano sto meglio. In ogni caso in questo spazio è fondamentale che io possa mettere per iscritto le cose che più mi pesano sulle spalle, ma non crediate che nelle settimane scorse io abbia smesso di prendermi cura di me, della mia famiglia e dei miei amici (come ho potuto). Ieri Nina compiva 7 anni e anche se in maniera più modesta delle passate edizioni abbiamo messo in piedi una bella festicciola con le persone più care. Io ero stanchissima, ma anche abbastanza serena.
La chemio light che sto facendo da 4 settimane sembra avere effetti collaterali ancora contenuti. Poiché si tratta della chemio in pillole che due anni fa mi ha messo in ginocchio, non penso di riuscire ad andare oltre i tre mesi e uno è già passato, ma visto che richiede meno presenze in ospedale, dalla prossima settimana tornerò a lavorare, o almeno ci proverò.
Non prima però di essermi fatta un bel ritiro di meditazione con la persona che ha scritto questo libro. Un libro che consiglio veramente a tutti, o almeno a quelli che hanno voglia veramente di frequentare questo blog, perché qui si parla anche di questo e chi non se la sente, e posso capirlo, può navigare altrove, non voglio offendere la sensibilità di nessuno, ci mancherebbe. Per chi non se la sente, state alla larga da questa montagna. Su questa montagna noi le paure ci piace chiamarle per nome e guardarle negli occhi. Anche se ci fanno paura.
Specie quando ci fanno paura.

Blogterapia

Blog: E allora dimmi, come ti senti?
Io: Mi sento triste.
Blog: E' per la morte di Anna Lisa?
Io: Sì. E' per lei, proprio per lei che sono triste, avrei voluto che vivesse più a lungo. E sono tristissima per chi la ama, per il loro dolore che è inevitabile, che deve fare malissimo.
BLog: E?
Io: E sono triste per me. A differenza delle mie amiche cancer blogger, non ho la sindrome del sopravvissuto, ma quella del prossimo in fila. Non morirò molto diversamente da Anna Lisa, lo sappiamo. In questi giorni è stato inevitabile pensarci più del solito.
Blog: E che pensi di fare?
Io: Niente. Tutto. Vivere. Approfittare di questa fase in cui la malattia non mi devasta ancora con una sofferenza continuativa come è stato per l'ultimo anno e mezzo di Anna Lisa. Approfittare di questa fase di pausa in cui mi curo con la chemio in pillole e sono più libera di muovermi.
Cercare di essere migliore. Accidenti, cercare di essere meno una stronza per le mie figlie.
Blog: Conquistare la santità, insomma.
Io: Non prendermi in giro, blog, lo so che potrebbe capitare a tutti di morire con sta cazzo di tegola in testa di cui parlano gli altri quando cerchi di spiegare cosa significa essere me, ma non è facile.
Blog: …
IO:…
Blog: Lo sai come la penso, no?
Io: Lo so.
Blog: E tra l'altro 'sta cosa di approfittare di tutto deve essere molto stancante.
Io: Sfinente. La settimana scorsa ho dormito continuativamente tutto il tempo.
Blog: Ti fa paura morire?
Io: Ma che ne so. Che ne so, veramente? Ma mi fa paura questa sorta di paralisi dell'anima che a volte mi prende.
Blog: Anche per questo sai come la penso
Io: Sì, la pensi come Anna Lisa, lo so. Pensi che la devo piantare di menarmela e darmi da fare a vivere e a godermi ogni felicità.
Aveva ragione. Aveva ragione.
Aveva ragione lei e anche un'altra amica che ho perso questa estate.
Mi hanno detto pià volte, più volte mi hanno fatto capire di non perdere tempo per le sciocchezze, per le cose che mi fanno arrabbiare che mi fanno stare male.
Blog: E
allora?
Io: E allora, va bene. Mi stavo solo lamentando un po'.
Blog sbadiglia.
Io: Okkei. Ho capito. Provo a farmi passare la tristezza. Ma la sofferenza no.
Blog: Non puoi.
Io: Già. Mi mancherà tantissimo. Mi mancherà tantissimo.
Accidenti a me, mi mancherà veramente tanto.
….
Blog: Sai che potresti fare ora? Potresti metterti il grembiule e cucinare qualcosa per le tue figlie, così quando le vai a prendere all'uscita di scuola hai già pronta la merenda.
Io: Voglio rimettermi a dormire.
Blog: No dammi retta, fai qualcos'altro oggi. Magari stasera vai a letto prima, ma adesso mettiti a fare qualcosa per qualcun altro.
Io: Ok. Ci provo.
Ti voglio bene blog. A volte mi sento così sola.
Blog: Lo so. Ma non è mai vero.
Io: Sei fastidioso lo sai?
Blog: Può essere, ma intanto ho ragione io. Fila via. C'è tanto da vivere. C'è tanto da fare.

5 anni

La sveglia con i suoni della natura ha squillato da poco, oggi era il turno degli uccelletti. Quando dormiamo insieme perché Obi è via per lavoro la sera prima scegliamo il suono della natura che ci sveglierà la mattina dopo. Stamattina era il turno degli uccelletti. Nina non se ne accorge, mentre Lilla comincia a muoversi. Io le do una carezza:
"Buon compleanno, amore mio"
"Grazie mamma" fa Lilla.
"Grazie a te di essere nata e di averci reso tutti ancora più felici da 5 anni".
Silenzio morbido e scuro, entrambe vorremmo restare ancora a dormire.
Nina russicchia.
"Sai mamma – fa Lilla nel buio accanto a me- quando Nonna E. morirà, Nonna T. sarà la più triste".
"Perché?" chiedo.
"Perché è sua figlia"
Volevo dire: Perché ti viene in mente adesso? forse lo dico anche, ma Lilla prosegue:
"Anche a me dispiacerà, ma a Nonna T. dispiacerà di più"
E poi, perché Lilla non molla mai: "Chissà come morirà Nonna E."
E io, un filino impaziente e piuttosto sveglia ormai: "Morirà felice, perché avrà vissuto tanti anni molto belli e le vogliamo tutti bene"
Ma Lilla, sicura, "Magari morirà come Oogway, sotto l'albero di pesco".
Nonna E. è mia nonna, la madre di mia madre, Nonna T. per l'appunto.
Nonna E. è una tenace ottantottenne che è la mia migliore assicurazione sul futuro, se solo solo ho ereditato un paio di geni suoi, con tutto quello che ha combinato lei, io ho buone speranze di scavallare ancora qualche decennio. Peraltro è ancora discretamente in forma, tutto considerato. Ed è la madrina di Lilla, e si vogliono benissimo, ma è anche piuttosto superstiziosa, per cui non le riferirò questa toccante conversazione.
In ogni caso, questo è il primo pensiero della mia piccola meravigliosa figlietta la mattina del suo quinto compleanno
. E allora tanti auguri piccolo fiore, te li faccio con le parole di Maestro Oogway (e di qualcun altro prima di lui).

Riproviamoci

Proviamo di nuovo ad allontanarci nella settimana di pausa prevista dalla chemio e speriamo che vada meglio di qualche settimana fa. Per lo meno stavolta abbiamo scelto un bel posto tranquillo, ma pieno di assistenza medica intorno. Tanto più che questa ferita del port (portdemmerda!!! ops) va medicata un giorno sì e uno no, per cui ho bisogno pure dell'infermiere personale. Ma va bene così. Ho perso un po' del mio aplomb zen negli ultimi giorni e spero di ritrovarlo. Ho bisogno io, ma ne ha bisogno Obi e anche le nane (che dopo una settimana dalla nonna, però, stanno benissimo, diciamocelo) di un respiro d'aria fresca che ci rincuori e ci dia a coraggio per i mesi a venire, perché settembre si avvicina e so che sarà impegnativo per tutti.
Non so se avrò la possibilità di aggiornare questa mia cima di serenità, ma in ogni caso spero che ognuno di voi riesca a trovare dei giorni di recupero come meglio può.
Sono tempi duri, e per alcuni durissimi.
Ci vuole pazienza, perseveranza e cura.

La grammatica della sofferenza

Sono settimane che penso che esiste una specie di grammatica della sofferenza, una lingua del dolore. Conoscerla ti consente di muoverti all'interno di una malattia con meno sgomento e meno solitudine. Mi rendo conto che la prima fortuna che ho avuto al momento della diagnosi è stata quella di sapere inquadrare quanto mi succedeva in un quadro riconoscibile e condiviso di esperienza, ovvero: sì, mi sono ammalata, ma la malattia non è una punizione, la malattia fa parte del corso naturale delle cose e della vita, la malattia si può curare, la malattia fa paura, ma non c'è niente di male a prenderla sul ridere, anzi può aiutare ad alleggerire il peso di preoccupazione per se stessi, per chi fa capo alle nostre responsabilità.
Arrivare poi a parlarne in un blog è stato un ulteriore passaggio, ma resto convinta che il primo passo sia stato parlarne, dire a tutti dal primo momento cosa stava succedendo e vedere che qualcuno restava, molti sparivano e altri arrivavano a capire, insieme a noi. I primi giorni mandare tutti quei messaggi è stata una fatica, ma era importante farlo. Lo facevo per gli altri, ma lo facevo per me. Scrivevo le parole della mia nuova realtà. E' stata la cosa più importante da fare in quei giorni.
Parlare, condividere, comunicare, non chiudersi, non sentirsi speciali nella sfortuna, vittime prescelte di un caso crudele, continuare a interessarsi degli altri, sinceramente. Non perdere tempo, saper parlare, saper ascoltare, saper dire no, non voglio ascoltare, quando c'è chi non si rende conto e ti pesa addosso, e tu non puoi e non devi più portare quel peso. Ma sempre cercando di capire, trovando le parole per spiegare a noi stessi e poi agli altri una condizione che appunto speciale non è, ma richiede comportamenti meno comuni, scelte diverse da quelle dei coetanei, e anche una certa tolleranza alla sofferenza fisica, qualcosa che non si sa com'è, ma c'eravamo scordati che è sempre esistita nella realtà di molti.
In questa grammatica della sofferenza, come in ogni lingua che si rispetti, il grosso del messaggio passa attraverso le pause, i silenzi.
In queste pause si ascolta il respiro, di nuovo. Si torna a casa.
In questi giorni è il silenzio del respiro che domina il messaggio, c'è bisogno di pace, di silenzio, di respirare. Ho bisogno di concentrarmi su questo silenzio, e di lasciare andare il resto.

Tutto finisce

L'unica cosa buona che ho combinato l'estate del 2007, l'ultima estate senza cancro, è stato rileggermi tutto Harry Potter prima di passare all'ultimo volume, che era uscito proprio in quelle settimane estive. Per il resto, come ho già scritto altrove, passai il tempo a sentirmi grassa, invidiosa e inadeguata, come una vera cretina. Dopo pochissimi mesi non avrei più avuto estati senza il mio personale Voldemort attaccato ai polmoni, e per quanto non abbia mai messo i film sullo stesso piano dei romanzi (per questo Sissi cara non resto mai delusa, non sono proprio in competizione!) uno dei tanti pensieri quando il mio futuro è diventato una tavoletta di cioccolata a quadretti di tre mesi ciascuno, è stato che non era per niente scontato che avrei visto la fine dei film, così come ero stata abbastanza fortunata da poterli almeno leggere tutti.
Ma nell'ultimo mese mi sono concessa una nuova vacanza dell'immaginazione e così mi sono riletta tutti i romanzi, mi sono rivista tutti i film e stasera sono scappata da sola al cinema. E ho versato un paio di lacrime commosse per essere arrivata alla fine di questo piccolo ciclo cominciato l'estate del 2001, quando a causa di una vacanza annullata all'improvviso, io acquistai The Philosopher's Stone e dopo averne lette due pagine, rientrai in libreria per acquistare tutti gli altri volumi già usciti. E divenne una delle estati migliori della mia vita.
Ecco, da allora sono passati dieci anni, ho insperabilmente visto anche l'ultimo film di Harry Potter stasera e non c'è niente di triste, non c'è niente di strano. Come dicono i manifesti in giro per Roma: tutto finisce.
Tutto finisce.
Tutto comincia.
Direi almeno altri 10 anni, no?

Comincia l'estate

Ora comincia veramente l'estate. Stamattina, anticipando a sorpresa al mio solito, ho fatto la tac trimestrale. L'esito è una situazione di sostanziale stabilità, la malattia è ferma dov'era. Questo significa che potrò mantenere questa chemio per i prossimi tre mesi, che potrò non aver paura per un altro po', che potrò immaginare delle vacanze estive insieme alle bimbe e a Obi tra un'infusione e l'altra. 
Mr.Clint ci ha bonariamente rimproverato perché Obi e io non abbiamo fatto nemmeno un sorriso quando ce l'ha detto, ma io avevo solo un gran groppo in gola per il sollievo. Solo tornata a casa, circondata da Nina e Lilla che giocavano in mutande e canottiera per la casa, mentre ascoltavamo questa, sentendo la vocetta di Nina che cantava il ritornello sotto voce, mi sono uscite due lacrime di calma felicità.
E benché, sempre al solito, io sia adesso totalmente stordita e svuotata, priva di forze, ho ben presente il senso di serenità che piano mi avvolgerà le caviglie, come fanno le onde quando per la prima volta si va al mare e si sente se l'acqua è fredda. Dalle caviglie, per poi salire ed investirmi di benessere, temporaneo è vero, ma meraviglioso. Proprio come il primo bagno al mare.

 

La fiacca

In cancrese la chiamano fatigue forse per dargli un'arietta meno sciatta. Ma credetemi è la brava vecchia fiacca, quella fatica e quella pesantezza dell'anima e del corpo chimicamente ingrossato che spesso tornano su, che tu sia in terapia oppure no. Quella sensazione che si fa sentire per assenza di energia. Quella cosa che ti fa lasciar perdere quando pensavi di poter quasi dire: "tiè, come sto meglio oggi, come mi sento in forma oggi, oggi quasi quasi mi compro quel vestito nuovo, immagino le prossime vacanze estive, mi figuro Lilla in prima media e Nina alle superiori".
Lasci perdere, la fiacca ti attanaglia, ti riposi ancora un po', dai un altro morso alla cioccolata che ti circonda, convinta che ti tiri su la pressione, o quanto meno l'umore. Sciabatti intorno ai tuoi pensieri come una portinaia di altri tempi col grembiule unto addosso e senti dappertutto odore di cavolfiore bollito.
Poi per fortuna è ora di uscire e andare a riprendere Nina e Lilla a cui hai promesso niente post-scuola oggi. E appena fuori di casa sei una mamma come tutte, appena un po' più stanca e più tonda delle altre. La fiacca per fortuna si scioglie come neve al sole davanti a un paio di rosee guancette felici.
E per tutto il resto c'è tempo. E adesso è quasi ora, devo andare.