Tabù nr. 2 – versione lunga

Il cancro è il Voldemort delle malattie. Meno si nomina e meglio si pensa di evitarlo. Come nel caso di potteriana derivazione, anche questa è una cazzata. Ce lo siamo detto già altrove. Ci abbiamo aperto un portale apposta chiamato così. Ma il motivo di tanta paura è che legata alla parola cancro c’è la parola morte.
E, nella nostra cultura, non si muore.
Morire è peccato.
Morire è essere sconfitti.
Morire è vergognoso.
Abbiamo tutti paura di morire, ma guai a dirlo. Lo fai solo se stai lì lì. Altrimenti, non si sa mai, portasse sfiga.
Ma è vero, di cancro si muore. Eh già. E adesso vi parlo di questo.
Diciamocelo subito, una diagnosi di cancro non si sottrae mai a una riflessione sulla fragilità della vita e sulla sua sorte. Alcune diagnosi più di altre. Tipo la mia. Tuttavia, grazie alle mie figlie, la vita mi ha reclamato dal primo momento della diagnosi. E benché abbia capito dal primo momento cosa avevo davanti e le conseguenze che questo avrebbe potuto avere in primo luogo proprio per le mie figlie, ho capito subito che morire non mi spaventava. Mi spaventa il dolore, la perdita di dignità che accompagna il dolore fisico. Come tutti – e lo avete visto anche qua – sono spaventata dalla sofferenza e dal dolore, ma non temo di finire all’inferno col culo bruciato da un ipotetico sadico angelo nero. Morirò, come tutti, e la mia esistenza si dissolverà lasciando, spero, luminescenti ricordi. Forse da quando mi sono ammalata ci penso di più, è vero. Ma non sono pensieri cupi. O non sempre. Spesso, più che altro, è come se preparassi meglio la mia anima alla convivenza con la consapevolezza della fine. E questo è un esercizio salutare. Che mi allarga il cuore, non me lo stringe di paura. Anzi. Perché a meno di grandi rivolgimenti, la mia prognosi va da due a un massimo – eccezionale – di 15 anni di sopravvivenza dalla diagnosi. Ho ben chiari i confini della mia condizione e sono pronta a esplorarne i limiti ed eventualmente a superarli se la scienza me lo consentirà. Ma non posso fare finta di non aver letto queste statistiche. Questo in qualche modo significa che il pensiero della morte mi è spesso vicino. Non come uno spauracchio, non come un mostro pauroso. Semplicemente ci penso. Penso che vorrei dimagrire, penso che devo comprare a Nina uno zaino più leggero. Penso che Lilla dovrebbe fare nuoto. Penso che sarebbe figo andarsene in California quest’estate. Penso alla morte, e mi chiedo se è meglio morire quando le mie bimbe sono piccole così mi dimenticano prima. Poi penso al mio nuovo lavoro, alla nuova mostra.  Mi ricordo che devo farmi fare il certificato per il lavoro, e che manca il latte. Poi penso che la vita è di chi resta e che non posso tenere tutto, tantomeno il futuro di chi amo, sotto controllo. Penso a cosa cucinare questa sera, e a fare qualcosa di carino nel weekend. E magari di farci scappare anche un po’ di romanticismo con Obi. Oppure non penso a niente e mi godo la vita che faccio proprio in questo momento. Proprio adesso.
Ma, attenzione, se questa cosa la dico ad alta voce intorno a me si fa il vuoto o peggio.  Perché, per carità, nessuno muore. Tanto più se hai il cancro. Che sei matto?! Vai a parlare di corda a casa dell’impiccato?  E se lo fai tu, no, proprio non puoi farlo, meglio non aprire bocca su questo (e i suoi allegri derivati). Perché se lo fai, vuol dire che “non pensi positivo”, “ti stai buttando giù” “certo non puoi pensare di guarire, se pensi a morire” e tutta questa marea di frasi fatte che le persone utilizzano con noi perché semplicemente hanno una paura fottuta di morire. Loro. Non io. Perché io lo so che morirò e probabilmente di cancro. E fino ad allora non ho intenzione di soffrire più di tanto, ma neanche di fare finta che vivrò fino a 150 anni e che diventerò sempre più gnocca nel frattempo. Ma, sia chiaro, non ho intenzione di risparmiarmi nulla che possa servire a curarmi ed, eventualmente, a guarirmi. E ho intenzione di vivere felice, mica triste perché ho una grave malattia.
Ma hanno tutti una paura tremenda. Le persone che ci sono più vicine non toccano questo argomento, e non solo non lo toccano direttamente, ma se solo solo cerchiamo di spiegare quanto è difficile vivere questa naturale precarietà dell’anima, si allontanano spaventate. O spariscono. O ci trattano male.
Meglio così.
Penso che, tutto sommato, questo tabù stia bene dove sta. Non è (ancora) il momento di occuparmi delle derive pratiche e organizzative di una mia eventuale dipartita. Va bene così.
Ma penso che sia una grave limitazione della nostra cultura, in generale, aborrire la morte come il nemico più grande. Ignorando che essa, con la vita, è parte di una stessa onda.
Ed è sconfortante sapere che, quando ci sono i giorni neri, non abbiamo nessuno Obi e io, nessuno se non l’un l’altra, da guardare con la consapevolezza della nostra situazione, della nostra condizione.
Perché gli altri non ci stanno ad affrontare questo guado insieme a noi. Nessuno è abbastanza coraggioso, ahimé.
Per fortuna noi due si.

 

42 pensieri su “Tabù nr. 2 – versione lunga

  1. Standing ovation.
    E avrei voluto tanto, ma tanto tanto, farti incontrare la Maria. Perché lei non aveva paura a parlare di morte e anche a riderci sopra, anche quando l'ha vista in faccia, lì, a poche ore da lei. E non si sarebbe tirata indietro dall'affrontare questo guado anche con te.

  2. eh beh la paura della morte ce l'abbiamo nel dna e ci vuole consapevolezza per gestirla. (io ancora non ci riesco…infatti mi sono sentita toccata dal post) visto che non possiamo sconfiggerla l'unica strategia che si trova è appunto non pensarci, non sapere, fingere che non esista. indubbiamente un reparto di oncologia ce la ricorda troppo ed è difficile reggere la pressione psicologica. eppure davanti a chi dovrà affrontare la fine non solo psicologicamente, ma anche materialmente, anche solo per rispetto dovremmo mettere da parte la scaramanzia, l'evitamento e altre strategie vigliacche… per non dire che potremmo imparare qualcosa.

    Nakin

  3. Urca Annette chiara, limpida come sempre.
    Immaginavo si trattasse di questo, ma hai colto ancora di più il senso della questione, hai rinfacciato benevolmente la questione tabù. 
    Sono i non malati ad avere incertezze e titubanze ad affrontare la parola morte.  E' il colmo che il disagio lo provi chi ascolta, non ha senso.
    Non so che ragione ci sia in tutto questo, non lo so perchè si verifichino questi atteggiamenti protettivi del non nominare la morte, ma so solamente che è importante esserci ad ascoltare.
    Tutti parliamo dell'impotenza che proviamo ad avere una persona cara malata di cancro, non sappiamo cosa fare per alleviare le sue sofferenze fisiche, ma ci dimentichiamo cosa capita nella sofferenza della mente.
    C'è proprio un distacco, c'è la continua preoccupazione di dare speranza, di far finta di niente, forse fa parte di un bagaglio culturale del quale non riusciamo a liberarci per paura, ma paura verso chi, verso cosa?
    La paura di creare ulteriormente paura in chi è malato.
    Non si può fare di tutta l'erba un fascio, ma quando la persona malata chiede, dimostra con le sue parole la volontà di parlare, di sfogarsi sui limiti che la vita gli sta offrendo è un obbligo, un dovere sopra ogni cosa saper ascoltare ed interagire, perchè trovandoci ipoteticamente nella stessa situazione, noi lo pretenderemmo.
    Ti abbraccio fortefortefortissimamente
    Fourpi

  4. Il tuo post mi ha lasciata senza parole e con un lungo brivido lungo la schiena.
    Quello della morte è uno dei tabu' piu' grossi in assoluto, magari le persone non vogliono ascoltarti non perche' temono loro la morte ma temono il pensiero di non averti piu' con loro.
    E allora lo accantonano perche' per pensare a certe cose c'è sempre tempo.
    Io temo la morte…. ne ho una fottuta paura e non ho vergogna a dirlo.
    E temo molto di piu' il pensiero di dover salutare le persone a me care… il pensiero di non potercela fare senza di loro.
    Come sempre….grazie wide :-)))

  5. ciao wide,sai che ti leggo sempre ed ogni volta sei motivo di riflessione e di commozione
    nel mio caso io sono come Obi e mio marito e' come te,io sto diventando matta,ma matta davvero,lui sta diventando saggio,si gode ogni giorno cosi' come viene,viaggiamo molto di piu',cerchiamo di non rimandare una cosa che ci piace o ci interessa,mi ha detto un giorno"se servisse urlare e strapparsi i capelli lo farei,ma penso sia meglio che li tenga attaccati sulla testa"
    Lui non parla tanto della malattia,ma sa' che io sono appiccicata a lui,pronta ad ascoltarlo ed assecondarlo,si fida ciecamente di me che gli programmo i controlli,gli controllo i farmaci,litigo con i dottori quando serve(purtroppo lavoro nel settore) dopo ben 38 e ripeto 38 anni che siamo insieme c'e' voluta questa porca malattia per riscoprire quanto ci amiamo
    A te e Obi auguro tutti questi anni insieme e anche di piu'
    ti abbraccio e grazie per le lezioni di vita che mi dai
    margherita

  6. La vita ti ha reclamato. Che frase epica. Te sei epica. Proprio nel senso di antica (giovane) eroina greca da Iliade o Odissea. Hai ragione, siamo noi ad avere paura, magari, a volte, non tanto per noi stessi quanto per gli altri, io se muoio non ci sono più, e mi accodo alla speranza di lasciare tanti ricordi luminescenti, ma se muore una persona che amo, mi è difficile anche pensarci. Io avrei più paura di te e sarei più vigliacca di te. Ma non oso pensare al mio grado di vigliaccheria se si ammalasse una persona a me cara. Quindi ho paura che fuggirei anche io dall'idea della morte e magari lascerei sola in questo frangente una persona che amo. Grazie di tutto.

  7. Penso che ho paura di perdere la mia dignità, che non mi piace pensare che qualcuno allafine mi pulirà il sedere (e sono stata fine).
    Penso che non ho nessunafoto bella e recente da piazzare sulla lapide.
    Penso che la foto bella e recente non serve, mi farò cremare e poi facciano quello chevogliono.
    Penso che non me ne frega nulla di quando sarà, ma all'avvicinarsi della scadenza deicontrolli ho una fifa matta.
    Penso, penso, penso, poi alla fine comincio a pensare a cosa indossare il 27 se riusciremo ad incontrarci

  8. ti seguo da un po', da quando mio papá se n'é andato, il 12 novembre scorso. Malato di cancro, tutta la trafila che tu, che voi conoscete benissimo; cominciata con un tumore di quelli difficilmente curabili. 
    È strano ma da quando é mancato, io non ho piú paura della morte. Ne ho sempre avuta tanta, lui mai, nemmeno prima di ammalarsi. Alla fine era, per quanto poteva, triste o anche arrabbiato, ma non aveva paura. E io l'ho persa, forse perché immagino che lo troveró quel giorno, mi aspetterá (non sono tanto credente, ma a questo credo). 
    Lui ha sempre fatto battute che mia sorella considerava macabre sulla morte, sia da sano che, alla fine, da malato; ed é come dici, tanta gente non sapeva come reagire, nelle ultime settimane é stato tanto solo (a parte noi, mia mamma, mia sorella e le mie zie). Era cosí vitale che non lo si poteva immaginare morire. Eppure. 
    MI immagino che un giorno mi ammaleró anche io, per l'ereditarietá, per certe mie caratteristiche; é una specie di presagio. Ma da quando ho visto la morte cosí vicina a me, non ho piú paura; la morte fa parte della vita, non c'è morte senza vita, non c'é vita senza morte. (Un'altro discorso se penso a mia figlia, che non ha ancora 3 anni; ma diciamo che non c'é nulla di piú lontano dalla morte di lei).
    Sei proprio una donna saggia. 
    Gabriella

  9. Già, brutto pensiero quello della nera signora che ci insegue sempre. Però non è che insegue solo noi, rincorre tutti, no? Quanti escono di casa e per fatalità/incidente non ci ritornano?
    Io le faccio le battute sulla mia morte e non me ne frega niente se per gli altri sono di cattivo gusto, sai come trovo io i loro compatimenti… ecco.
    Stribili

  10. @tutti: come vedete il livello della conversazione è piuttosto alto. nei miei due post ho inserito unicamente parte delle riflessioni generali sul tema, ma già così vedo che raccogliete con profondità il senso di quello che volevo dire e andate anche più a fondo. e di questo vi sono grata, perché mi fate tutti riflettere, e tutti mi ricordate che non sono sola per niente.
    in effetti una cosa di cui non ho parlato è qualcosa a cui pensavo moltissimo all'inizio delle mie vicende, cioè il sollievo che fosse capitato a me, perché sarei impazzita a immaginare la morte dei miei, quasi non riesco a scriverlo nemmeno adesso. ma ho perso mio padre, all'improvviso, a 10 anni e so che la vita continua. nonostante possa continuare – come nel caso della mia famiglia di provenienza – con grande sofferenza e diverse schifezze, ma continua. e benché io non voglia pensare minimamente a come starei se i ruoli con obi fossero invertiti, so che non lo lascerei solo. Aggiungo anche per margherita, che non è un caso che io abbia voluto portare obi in psicoterapia, perché tra noi due il peso più grande di sofferenza lo porta sicuramente chi malato non è. E per questo hai tutta la mia solidarietà e ti dico, trova qualcuno che possa aiutarti, noi andammo all'aimac e trovammo persone bravissime in questo senso. anche se pensi di farcela, avere una valvola di sfogo di quel tipo è fondamentale per la fatica che fate voi che ci amate e soffrite con noi.
    per tutti quanti, non rispondo singolarmente, ma vi sono veramente veramente grata di tutte le risposte e di tutti gli elementi di riflessione che mi state regalando.
    grazie!

  11. Io ho paura di morire. L'avevo anche prima di ammalarmi ed ora non è aumentata, ma neanche diminuita. E' un terrore che ho sempre avuto, fin da bambina direi, e che è molto complesso. Ho paura che tutto finisca. Ma sono credente e quindi non finirà. Ma ho paura anche dell'infinito, della vita eterna. Mamma che idee confuse!! Chiedo venia!
    Durante la malattia e le cure però, stranamente, non ho sofferto di questa paura. Qaundo ho saputo di stare male, piangendo ho chiesto a mia madra "non morirò vero?" e lei mi ha risposto "bè, prima o poi, ma per questa volta no". Ed io le ho creduto. Ciecamente. Potere della mente, direi. Oggi mi ritrovo a pensare a come sia stato doloroso per lei dire quelle parole. Per lei che non sapeva se mi stava dicendo la verità; e che soffriva come solo un genitore può soffrire davanti all'idea di perdere un figlio. Probabilmente hai ragione wide…chi ci è vicino scopre un tipo di sofferenza diversa dalla nostra, ma forse più acuta.
    ciao
    Vale

  12. Wide cara, non sono sparita (magari manco la sentivi la mia mancanza) sono solo un po' presa dai miei esami universitari.Ma leggo.Leggo sempre qui e questa storia dei tabù mi piace.
    Non ho commentato fino ad ora perchè voglio farlo in modo non scontato, qui trattiamo temi alti; commenterò anche il tabù numero 1 ma il numero 2 (sapevo che sarebbe stato questo l'argomento) mi obbliga a fare una pausa dai libri perchè io vivo da sempre con il tabù numero 2 nel cuore e nell'anima.
    Mi ricodo un giorno in cui da piccola battevo i pugni per strada urlando e dicendo "non voglio morire, non voglio morire".E non stavo morendo, o meglio sì, tutti noi in un modo o nell'altro stiamo morendo, ma una bimba di 7 anni non deve avere questi pensieri.
    Eppure io già li avevo e li ho tutt'ora.A volte mi prende un grande senso di vuoto, Vale del commento numero 12 descrive molto bene questa paura di tutto che finisce ma anche dell'infinito.
    Io non ho il cancro nè nessuna altra malattia "organica" se non quella per la vita.
    Io amo la vita, ci sto attaccata ogni minuto, e penso e ripenso e ripenso a ogni cosa che vorrei fare, ai miei progetti vicini e lontani e così ho imparato a scacciare questo pensiero della morte.Non a conviverci, perchè se per caso mi torna in mente mi viene quella sensazione di vuoto e inizia un vortice nella mia testa.
    Io penso che abbiamo paura di morire perché non sappiamo con certezza cosa ci aspetta dopo, e poi egoisticamente forse ci fa paura che un giorno saremo dimenticati e quindi tutto ciò che avremo o non avremo fatto nella nostra vita risulterà insignificante.E quindi dove andremo a finire?Saremo una piccola particella insensibile nell'universo oppure ci saranno davvero Inferno Paradiso e Purgatorio?
    A me piace pensare (perchè mi fa comodo?) che tutto sarà niente proprio come quando non eravamo nati.Il mondo andava e andrà avanti e noi saremo solo un inutile dettaglio in più o in meno.
    E poi mi piace pensare che quando morirò farò come il mio nonnino che nella vita faceva tanto rumore, ma nell'ultimo pomeriggio della sua vita era talmente stanco che mi ha detto "alla Rai hanno trasmesso il film della mia vita e c'eravate tutti" e poi si è addormentato da solo.

    Ma basta basta parlare di me anche se il mio contributo lo volevo dare e ti ringrazio per avermene dato la possibilità.
    Io penso che in qualsiasi situazione la vita ti metta davanti la CONSAPEVOLEZZA sia la cosa più importante.
    Tu ne hai molta, in un modo che può sembrare cinico e fastidioso, ma che aiuta te Obi e le nanine a vivere giorno per giorno SENZA PAURA.
    Sai quello che studio e sai che anche io so di quelle statistiche, quindi sì Wide probabilmente tu morirai di cancro ma morirò anche io.Non so se di cancro o meno ma morirò anche io.
    Non è questo che fa la differenza, la differenza la fa tutto ciò che viene prima della morte e penso che nel tuo piccolo, me compresa, tu possa dare una grande lezione di dignità e consapevolezza.

    Chiedo scusa per aver intasato il tuo spazio con questo bel pippone di cui non frega niente a nessuno però volevo dirtelo Wide, ecco.Perchè al contrario di quello che pensano i più parlarne fa bene e non è per nulla disdicevole.E' vero non cambia lo stato delle cose ma forse la qualità sì.
    Un abbraccio fortissimo e grandissimo dalla tua figlietta numero 3 superaffezionata

    ps: l'hanno già detto ma la frase "la vita mi ha reclamato" mi ha davvero colpito.

    Gin logorrea mode on

  13. Avevo scritto tanto, parlando a te come se stessi parlando a me, ma poi problemi tecnici, taglia e incolla sbagliato ed ho perso tutto, forse è così che doveva andare …
    Ti avevo scritto della mia paura del tabù nello scriverti qui di mia mamma che ho perso per un tumore al seno 4 anni fa', ti avevo scritto del nostro chiacchierare in maniera seria e faceta della nera signora,
    Ti avevo scritto di quanto sono felice di essermi vestita di ironia e di cinismo e dell'averla lasciata parlare, perchè io ho saputo dove cercare e cosa fare poi in quel momento.
    Ti avevo scritto di quanto fosse stato difficile per me chiederele cosa avrebbe voluto facessimo delle sue ceneri e di quanto ora che so che lei rivive in un abete suelle sue montagne mi sento felice di averle fatto quella domanda.
    Ti avevo scritto di quanto la paura fosse più nostra, come se … se non ne avessimo parlato la morte sarebbe scomparsa dai suoi pensieri, ma diciamolo lei era bella presente a farle compagnia senza bisogno delle nostre parole per ricordargliela.
    Ti avevo scritto di quanto sia coraggioso il tuo Obi e di quanto tu sia stata fortunata ad avere lui così solido da concederti queste parole e di quanto tu sia coraggiosa a vedere sempre i tuoi pensieri qui nero su bianco … mica facile.
    Ti avevo scritto dicendoti grazie perchè tramite te posso forse capire un po' di più alcune cose che lei non ha mai detto.
    Oggi hai guadagnato una lettrice, se può farti felice.
    ps no non doveva cancellarsi quel testo, visto che … sono riuscita a ricostruirlo quasi tutto, dovevo proprio dirtele queste cose.
    un abbraccio
    serendipity

  14. Avevo uno zio, dal carattere esuberante e con una gran passione per la musica. Suonava e cantava, per tutti e in ogni occasione. Il cancro non l'ha fermato, tra una cura e l'altra sempra suonava e cantava, faceva battute sui "cocktails" e trovava sempre il modo di strapparti un sorriso o anche una risata. Sono andata a trovarlo all'obitorio: indossava il suo abito da sera e un cravattino rosso fiammante. E io ho sorriso. Laura.ddd

  15. Ah be', c'è davvero poco da aggiungere. Siamo molto vicine nel modo di approcciare tutta la questione, come del resto avevamo già intuito anche senza mai parlarne direttamente. Trovo geniale l'osservazione che o si passa per uno che "non ha ben capito" (pur avendo una laurea in statistica, per dire) o si diventa uno "che si è buttato giù".
    Un bacio grande dalla tua perfida compagna di merende.:-*

  16. @tutti: scusate se sono senza parole e non mi metto a rispondere uno per uno, ci sono troppi argomenti e troppo importanti da liquidare con facilità. ogni cosa che avete scritto è una storia importante che mi porterò dentro d'ora in poi, ma non so se riuscite a comprendere quanto le vostre storie, quelle raccontate in forma più estesa, così come le impressioni appena accennate, ecco spero sappiate quanto tutto questo dia senso al motivo per cui ho aperto on the widepeak.
    per mia, quanto parlavo delle rare anime illuminate che sanno ridere della morte, pensavo alla tua Maria e a te, ovviamente, devi essere orgogliosa di aver saputo comunicare a tutti noi i suoi luminosi ultimi giorni, davvero.
    a camden che mi dice qui o nei commenti all'altro post che questi post andrebbero in un libro, il libro lo abbiamo proprio qui e lo stiamo scrivendo insieme.
    ai nuovi commentatori qui o di là che hanno avuto il coraggio di parlare di questo tabù, che è anche qualcosa di più di un tabù, in un blog che nemmeno conoscevano tanto bene, grazie grazie grazie della fiducia, credetemi non è stata mal riposta

  17. La vita ti reclama, ci reclama, mi reclama. E delle statistiche, cara Anna, sai cosa ne penso, vero? Eppure anche io sono andata guerdarle per me, per mio padre. Per me le statistiche praticamente non esistono, per mio padre sono state crudelmente precise. 
    La morte, dopo averla sfiorata e temuta per me adesso sento di averla allontanata al punto che oso dire: io non morirò di cancro. 
    Ma quando ho creduto di essere messa molto male ho avuto una paura fottuta. Sì, Anna, io ho avuto paura di morire. Ho paura di morire. Sono fifona. Ho visto morire mio padre. Ed è stato terribile. 
    La morte non è bella, soprattutto per chi resta. E quindi, visto che i nostri cari, la vita, ci reclamano, noi dobbiamo restare. Restare su quel maledetto filo a funamboleggiare il più a lungo possibile.

    Giorgia

  18. cara Anna sei stata molto profonda nelle tue riflessioni che rispettano esattamente le mie!
    Ma almeno tu hai dalla tua parte e al tuo fianco la tua dolce metà.
    Io , al contrario, sono sola: o meglio, non vengo capita, bensì istruita a non lamentarmi a non "rompere", intanto "l'hai già tolto, no?::"
    Comprensione e amore, medicina universale e primaria per tutti noi bombardati da questa "bestia nera", mi sono negati.
    Sopportazione, irritazione e indifferenza sono, invece, le mie compagne in questa lotta.
     Non voglio fare la vittima ma cercare di combattere con tutte le mie forze giorno per giorno, vivendo al meglio ogni attimo, come tu già dimostri di fare!
    Ti sono vicina
    cenerentola 

  19. @giorgia, quello che scrivi mi devasta, se la morte non è bella per chi resta allora io devo vivere la mia vita fino alla morte con la sofferenza di sapere che adesso per colpa mia rendo infelice chi amo e che dopo, sempre per colpa mia, chi amo soffrirà tremendamente. è questo processo che voglio scardinare, includendo l'argomento già adesso, insegnando a chi ne avrà bisogno a chiedere l'aiuto necessario quando necessario lo sarà veramente, costruendo intorno alla mia famiglia una rete di relazioni che sappia tenere quando ( e se, certo, e se) dovesse essere necessario.
    e anche per questo sto facendo un percorso di consapevolezza della vita che spero aiuti. certo su questo non ho controllo, ma almeno posso avere la speranza
    senza questa la mia vita già adesso diventa un inferno
    @cenerentola, mi dispiace per come sei costretta a vivere la tua situazione, ma è per questo che siamo qui a parlare e a condividere, proprio per non restare soli

  20. Ci sono due condizioni nell’essere malati che non si possono superare: la solitudine di certi momenti e il dolore fitto di dare dolore a chi ami. Non parlo di questo tabù mai, ci penso tutti i giorni. con il mio compagno, per esempio, non ne parlo perché vedrei subito i suoi occhi stringersi e scurirsi e questo mi è insopportabile perché mi fa sentire persa, senza una posizione. Grazie Wide per questo post che ho letto e riletto e che mi conferma nella convinzione di come sia stata fortunata a incontrare una persona saggia come te. Rosita

  21. cara amica, la veritù è che con obi non possiamo minimamente affrontare il tema, lo scrivevo anche altrove, credo, solo che ci guardiamo negli occhi e sappiamo quando ci stiamo pensando. e già questo è un conforto, nel momento della sofferenza…e poi è proprio il tipo di vita che facciamo che è determinata da questa consapevolezza di  una possibile imminente fine e quella la condividiamo, necessariamente, al 100%
    un abbraccio grande

  22. Wide,grazie a te ed alle persone che hanno lasciato qui le loro riflessioni. "La morte è come la vita, fa parte di una stessa onda",grazie.Daniela e marito

  23. L'ultima tua risposta al commento precedente mi ha intristito immensamente.
    Come faccio a non dirti che sei speciale, descrivi le tue sensazioni e le fai diventare mie emozioni.
    Non ti conosco, ma è come se ti conoscessi da sempre.
    Io non so quanto vivrai, ma desidero per te quello che tu desideri, niente di più. Al tuo fianco c'è Obi, non sei sola, è il tuo saggio complice.

    Ti penso e ti abbraccio
    Fourpi  

  24. scusami, tanto, il mio commento non voleva essere devastante… Un tabù è un tabù, e vedi cosa succede ad affrontarlo? Rovescia quello che hai scritto, elimina il senso di colpa: tu ora rendi felice chi ami – lo hai detto che la vita ti reclama, no? Non credo di aver detto niente di nuovo sul dolore della morte per chi resta. Ma certo parlarne, prepararsi e preparare è una cosa giusta, civile, grandissima. Che forse io non riesco a fare. (Per paura e ottimismo, direi). TI voglio bene, ti voglio così bene 
    Giorgia

  25. oh giorgetta e tutti quanti anche io vi voglio tanto bene, che mi tollerate anche nei momenti cupi cupi… non mi hai devastato tu, giorgia, intendevo dire che è proprio quella paura suprema che è devastante, più della morte in sé, la paura che per gli altri sia troppo tosta, capisci? e poi affrontare il tabù vuol dire immergersi nella fanghiglia dei propri timori, proprio tutti…per questo è meglio farlo per iscritto di nascosto qua, piuttosto che davanti a un caffè…

  26. Carissima, sono qui che rimugino sai??? è dai tempi di Ester che macino questi argomenti …

    TU dici che io sono saggia … se io avessi la metà della tua capacità di analisi e di serena (apparentemente?) sintesi delle emozioni!!! La capacità di non nascondermi dietro al dito ….. va' là, va'!!!!

    A suivre …

    /graz :-))))

  27. sei stata forte, hai toccato un tasto molto dolente, in molti fingiamo che la morte non esiste, e se qualcuno accanto a noi ammette che si costeggia la morte scacciamo il pensiero con violenza. Non e' onorevole, lo so.
    e fai bene, dannatamente bene a usare il pensiero della morte per vivere meglio, non rimandare, fare delle cose che ci fanno piacere o che gratificano chi amiamo… in fondo la vita e' effimera per tutti, ed e' bene che ognuno faccia buon uso del tempo.

  28. ………Ancora non avevo letto questa versione piu' lunga…Mi hai commosso! Leggendoti mi sono trovata di fronte  LA MIA PAURA…..La paura della sofferenza fisica ( quanto mi spaventa! ). Tu hai un'anima molto bella, si percepisce da come ti racconti…..e mi stai aiutando moltissimo in questo momento delicato che sto vivendo; ……………….. GRAZIE INFINITE DA ARCOBALENO

  29. mammaoggilavora –  hai veramente ragione: la vita é effimera per tutti…
    ma nel nostro caso sembra cheLei, la signora in nero,  stia al nostro fianco ,sommessamente ,ogni giorno…
    a volte ci angoscia…ci strugge fino allo sfinimento …
    a volte ci sembra che  riusciamo a vincerla…

    "é bene che ognuno faccia buon uso del suo tempo": parole sagge e molto riflessive…ma cosa possono capire, fino in fondo, coloro che non sono stati provati da questa nostra grande e dolorosa prova?..
    la mia sensazione é quella di essere su un'altalena: non quella che ci cullava quando eravamo piccoli, un'altalena che non si muove come noi vorremmo ma, alla quale, noi siamo soggiogati, indissolubilmente fino alla morte…e qui ritorniamo al punto di partenza.

    grazie a voi tutti, grazie a tutto quello che scrivete, grazie per la vostra compagnia , per la vostra esperienza che condividete e che  ci rafforza,
    soprattutto per chi si  é trovata SOLA in questo "pasticcio".
    Cenerentola

  30. hai ragione, Cenerentola. Il fatto di essere su un'altalena di questo tipo é duro, durissimo. Ed é vero, é difficile per me ora capire fino in fondo.
    La vita é effimera in tanti modi e lo penso davvero: qualche anno fa un amico dell'università, tipo veramente in gamba, é stato spazzato via in un incidente, un rettilineo in moto vicino a una bella cittadina in riva al mare. Nessun tempo di far commiati, nessun tempo di salutare moglie o bambine, o di pensare alle cose che si vorrebbero fare. stupidamente, il vuoto. Ecco, io a questo amico ci penso spesso.

  31. mammaoggilavora: sono dispiaciuta per il tuo amico ma, soprattutto, per coloro che restano…
    Anche questo dolore io , in prima persona, ho provato: ero molto piccola, e , in um pomeriggio di festa,
    è successo il dramma: incidente d'auto e, dopo pochi giorni, ho perso COLUI che di più caro era per me, il  mio piccolo mondo  si era frantumato in mille pezzi…. ancora oggi non riesco a capire dove mia mamma abbia trovato la forza ed il coraggio di continuare da sola con me….
    Perciò andiamo avanti, giorno per giorno, o meglio, ora per ora, con forza e coraggio, con dignità e caparbietà, senza tentare di ipotecare il futuro,futuro che, non é certo per nessuno, ma tenendo sempre presente che ogni cosa deve essere fatta al meglio, primo per noi stessi, e, successivamente per tutti  coloro che ci stanno intorno.
    Queste sono le nostre "armi", care amiche ed amici, non scoraggiamoci perché la vita non é facile per nessuno:(anche se il prato del vicino ci sembra sempre più verde!) "se a ciascun l'interno affano si vedesse in fronto scritto , quanti son che invidia fanno, ci farebbero pietà" …(scusatemi non ricordo molto bene questa citazione che chiarifica molto bene il mio pensiero.)
    Un passo per volta e questo dolore , questo peso , questo fardello sembrerà meno pesante.
    cenerentola

  32. Io sono ancora dalla parte di quelli che non sanno di cosa, nè quando, moriranno. Ma è un bel po’ che rifletto sulla morte. La mia bimba, all’età di tre anni, ha cominciato a bersagliarmi di domande sulla morte. Io, a quelle sul sesso, mi sentivo preparata, a quelle sulla nostra dipartita, no.
    Allora mi sono trovata davanti a un bivio. Addolcire la pillola fatta di angioletti che volano in cielo , o darle il frutto della mia esperienza, di una mia verità conquistata nel tempo . Credo sia stato salutare per entrambe. Intanto perchè abbiamo rotto un bel tabù e affrontiamo l’argomento, quando capita , con una certa naturalezza, anche quando le confesso la mia ignoranza. “Chi lo sa, amore mio che cosa ne sarà di noi dopo che ce ne saremo andati. Nessuno lo sa . Nessuno è mai tornato per raccontarcelo. Ma io confido, cara la mia Nina, che sia solo un’altra nascita, verso qualcos’altro e spero solo , in quell’altra vita , di conservare la memoria di ciò che siamo stati e dell’affetto immenso che ci ha legato su questa terra”.
    In questo mondo in cui tutto si conosce, questo lato ignoto forse rimane ancora tutto da esplorare.
    Quando penso alla mia morte, penso a Ulisse, e al suo coraggio fatto di paura, ma soprattutto al quella sua curiosità che lo spingeva oltre i confini del conosciuto.
    Ma tutti quanti siamo un po’ Ulisse, tutti ci portiamo addosso il carico dell’essere “umani”. La morte forse sarà l’ultima battaglia, ma non ne usciremo mica sconfitti!
    deb

  33. Ti leggo da un po', silenziosa, ammirata, incuriosita…
    Nel gironzolare nel tuo blog, oggi ho letto qs post di qualche tempo fa. E irrefrenabile ho sentito il bisogno di scriverti.
    Standing ovation, come dice il primo dei commenti.
    La mia mamma è morta di cancro che avevo dieci anni.
    La morte l'ho conosciuta fin troppo presto. E ci ho messo anni a farci i conti -e non ho ancora finito, semmai finirò.
    Da sempre però, qs è un argomento che mi attrae, misteriosamente e forse molto incoscientemente (come quello di chi ha preso da piccolo una grande ustione e si sente attratto dal fuoco, pensando che il fuoco a lui, che sa bene cos'è, non potrà più far male…).
    Oggi insegno psicologia e sociologia in un liceo e mi ostino a far studiare alle mie classi, quando arrivano in quinta, cosa è la condizione della malattia, cosa vuol dire stare accanto al malato, cos'è l'accompagnamento al morire, cosa sono gli hospice.
    Sento, io per prima per me stessa, come queste parole suonino  come quelle di un marziano sulla terra. Ma continuo. Sento continuamente la mia inadeguatezza, umana soprattutto. Perchè non si impara mai completamente. A stare nella vita con l'apertura della mente e del cuore che essa ci richiede.
    Nel mio cammino di (continua, limitata, sempre in ripresa) crescita umana, ho apprezzato molto un'autrice, Christiane Singer. Leggendoti, ho pensato al suo coraggio nel voler stare di fronte alla vita, in ogni suo momento. Il suo ultimo libro, "Ultimi frammenti di un lungo viaggio. Le parole di speranza di una donna coraggiosa"…ecco, te lo segnalo. Semmai ti possa donare anch'io un frammento di pensieri veri, come quelli che ho ricevuto da te, leggendoti. Grazie di averli condivisi. 
    Buon cammino,
    luisa 

  34. i commenti a questo post sono sempre straordinariamente importanti per me…non so come altro dire che li leggo con attenzione, ci torno e ci rifletto, ma nn mi riesce facile rispondere nel merito. però grazie, ecco, questo ci tenevo a dirlo

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